Naim Abu Saif è un ragazzo di 22 anni che vive nella Striscia di Gaza. Prima che cominciassero i bombardamenti israeliani, studiava e voleva diventare un giornalista. Dopo il 7 ottobre 2023, ha cominciato a raccontare online in una forma narrativa quello che gli stava succedendo e che viveva insieme alla sua famiglia, la madre vedova e i fratelli. Il suo racconto ha colpito l’attenzione di una piccola casa editrice italiana, Another coffee stories, che ha deciso di tradurre la sua testimonianza e farne un libro: L’ultimo respiro di Gaza.

Il ronzio dei droni, le bombe, la paura di morire, la nostalgia di Jaffa (la sua città d’origine), gli sfollamenti estenuanti, la vita quotidiana prima in una scuola fatiscente dell’Unrwa diventata un rifugio per i profughi, poi in una tenda. Abu Saif usa la scrittura come forma di resistenza, non vuole che la sua vita e quella delle persone intorno a lui siano ridotte a numeri.

“Abbiamo pubblicato il libro a luglio di quest’anno, poi abbiamo capito che potevamo fare molto di più. Abbiamo chiesto al ministero degli esteri italiano un visto di studio per Abu Saif. Vogliamo che arrivi in Italia con un’evacuazione umanitaria perché sia al sicuro e possa tornare a studiare”, racconta Maria Grazia Patania, portavoce del progetto Fiori dai cannoni. Successivamente l’organizzazione è venuta in contatto con un’associazione di studenti locali, Gaza students beyond borders, e così si è creato un ponte.

“Abbiamo conosciuto moltissimi studenti che sono dentro questa rete locale e abbiamo ricevuto in pochissimi giorni centinaia di richieste di aiuto di ragazzi e ragazze che hanno tra i venti e i ventiquattro anni, studenti di ingegneria, medicina, comunicazione. Molti di loro avevano già ottenuto delle borse di studio del programma Italian universities for Palestinian students (Iupals), ma avevano avuto dei problemi burocratici. Abbiamo cominciato ad aiutarli e a interessarci ai loro casi. Poi abbiamo conosciuto altri che ci hanno chiesto un sostegno per ottenere borse di studio o contatti con gli atenei”, spiega Patania.

In poco più di due mesi l’associazione è stata raggiunta da quasi duecento richieste di aiuto, e quaranta atenei italiani hanno offerto assistenza. “Le università vogliono aiutare, siamo partiti con venti studenti, e oggi ci sono 186 studenti che hanno ottenuto delle borse di studio garantite in Italia”, spiega Patania. Ma l’ostacolo più grande sembra essere il visto: le autorità italiane hanno risposto alla richiesta dell’associazione, ma ancora non si sono mosse nonostante l’interessamento di alcuni parlamentari e l’assistenza garantita dalle università.

Messaggi strazianti

Intanto il 9 settembre Israele ha diffuso un nuovo ordine di abbandonare la città di Gaza, che Amnesty international ha definito “crudele e illegale”, mentre continuano i bombardamenti su una popolazione ridotta alla fame. Amnesty international ha ribadito più volte che gli spostamenti forzati delle persone palestinesi all’interno della Striscia di Gaza o la loro espulsione dal territorio violano il diritto internazionale umanitario, sono crimini di guerra e contro l’umanità.

“Ci arrivano ogni giorno messaggi strazianti. Le persone potrebbero perdere la vita in ogni momento, a volte non riusciamo a metterci in contatto con loro e temiamo che sia successo il peggio. Riceviamo ogni giorno richieste pressanti da persone disperate, sappiamo che l’Italia potrebbe fare molto e invece ci scontriamo con un muro”, racconta Patania.

Rompere il silenzio su Gaza
Dopo mesi di violenza e distruzione, è troppo tardi per fare giustizia. Ma documentare le atrocità commesse da Israele servirà per accertare le responsabilità e giudicare chi è stato complice.

Le associazioni chiedono al governo italiano di organizzare un trasferimento sicuro degli studenti, di rilasciare visti di emergenza educativa, di qualificare l’operazione come missione umanitaria e di coordinarsi con i rettori degli atenei coinvolti, in modo da consentire l’ingresso agli studenti in Italia entro il 15 settembre, quando comincerà il semestre accademico. Per sollecitare l’intervento il 18 agosto è stata inviata una diffida formale al governo, firmata anche dalle università coinvolte. “C’è stato un interessamento, ma ancora nessuna decisione”, conclude Patania.

Il 14 agosto il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani ha dichiarato che l’Italia ha realizzato quattordici evacuazioni umanitarie dalla Striscia di Gaza dal gennaio 2024: “Grazie all’impegno del governo e in particolare del ministero degli esteri, dall’inizio della guerra abbiamo accolto più di 180 bambini palestinesi e circa quattrocento loro familiari. Sommando anche i ricongiungimenti familiari, con oggi (14 agosto, ndr) sono 914 i palestinesi arrivati in Italia dalla Striscia di Gaza”.

Il nodo

Ma il blocco dei visti è stato denunciato anche da un gruppo di avvocati dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), raggiunta da varie richieste di aiuto di famiglie della Striscia di Gaza. “Alcuni operatori legali pugliesi sono stati contattati da famiglie di Gaza in grave difficoltà e si sono rivolti a noi”, racconta Nazzarena Zorzella, una delle avvocate del pool dell’Asgi. Alla fine di luglio i legali hanno presentato dei ricorsi al tribunale di Roma, chiedendo alle autorità italiane di concedere dei visti umanitari o familiari alle persone in pericolo di vita nella Striscia.

Tra il 6 e il 13 agosto il tribunale di Roma con alcune sentenze ha ordinato alle autorità italiane di garantire l’ingresso in Italia alle cinque famiglie assistite dall’Asgi. Ma il governo non è ancora intervenuto. Tutti quelli che hanno chiesto il visto per raggiungere l’Italia sono in una condizione di estremo pericolo, afferma l’Asgi in un comunicato: “È inaccettabile il silenzio del consolato italiano a Gerusalemme, del ministro degli affari esteri e del governo di fronte agli ordini di rilascio di visti umanitari”.

Zorzella spiega che il consolato italiano a Gerusalemme ha aperto dei fascicoli per le cinque famiglie, in tutto una cinquantina di persone: “Ma le autorità italiane ci dicono che l’evacuazione umanitaria dipende da quelle israeliane, che devono autorizzare la partenza delle persone da Gaza. Allo stesso tempo il ministero degli esteri italiano non risponde alle nostre domande: è stata chiesta l’autorizzazione a Tel Aviv? È stata negata? Con quali motivazioni?”, continua l’avvocata. “Noi dobbiamo capire se lo stato italiano sta facendo tutto il possibile per mettere in salvo queste persone, come è stato ordinato dal tribunale”.

Secondo Zorzella, lo stato italiano potrebbe concedere un visto umanitario ai palestinesi di Gaza, in base all’articolo dieci della costituzione e all’articolo 25 del regolamento europeo sui visti umanitari. “Ma a seconda delle situazioni, il governo può concedere dei visti a chi ha dei familiari in Italia o per altri motivi. Per esempio per motivi di salute, di studio o anche per turismo. L’importante è che queste persone siano messe in salvo”, continua Zorzella. “Il nodo sembra essere la mancata autorizzazione degli israeliani, che però è in contraddizione con gli ordini di evacuazione emessi dalle stesse autorità. Vorremmo capire qual è la posizione del governo italiano. Quanto tempo ci vuole per intervenire? Queste persone ogni giorno rischiano la vita”.

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