Fahim, 49 anni, è un cittadino bengalese. Vendeva rose nei ristoranti di Roma, qualche precedente penale, senza permesso di soggiorno. È stato il primo migrante irregolare per cui è stato disposto il rimpatrio nel centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gjadër, in Albania, a pochi giorni dal suo arrivo nella struttura l’11 aprile. Per procedere con il volo, però, l’uomo è stato prima trasferito di nuovo in Italia, perché i rimpatri non fanno parte del protocollo d’intesa tra Roma e Tirana. Il 19 aprile è stato il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ad annunciare l’operazione.
“Le operazioni di rimpatrio dei migranti irregolari proseguiranno anche nei prossimi giorni, come previsto dalla strategia di governo per una più efficace azione di contrasto all’immigrazione illegale”, ha scritto Piantedosi . Nel frattempo, nel centro di Gjadër sono continuate le proteste delle persone trattenute, con azioni di autolesionismo da parte di alcuni. Ne ha dato notizia la delegazione del Tavolo asilo in un comunicato. Due migranti sono stati ritrasferiti in Italia per le loro condizioni sanitarie, mentre un altro migrante è stato portato in Italia perché ha fatto domanda di asilo.
“La delegazione del tavolo asilo ha incontrato nel centro in Albania persone con background molto diversi: individui con alle spalle un periodo di detenzione carceraria a cui è seguito il trattenimento in un Cpr italiano, uomini intercettati sul luogo di lavoro privi di permesso di soggiorno, persone con familiari in Italia. Non è stato possibile visionare alcun documento indicante i criteri di selezione”, è scritto nel comunicato.
“Delle quaranta persone trasferite l’11 aprile, già tre sono tornate in Italia, per incompatibilità al trattenimento sulla base di motivazioni sanitarie e per sospensione della decisione di rimpatrio. Il governo continua a spostare persone da un paese all’altro, incurante dell’impatto che questa prassi crudele può avere sulla vita degli individui”, afferma la delegazione di esperti. “In pochi giorni sono già venti gli eventi critici riportati nel registro del centro. Tre persone hanno compiuto atti di autolesionismo. Il diritto alla difesa è compromesso, in primo luogo dalla distanza fisica tra gli avvocati e gli assistiti, che sono privati dei telefoni cellulari e a cui viene permesso di mettersi in contatto con i legali e i familiari solo attraverso telefoni messi a disposizione dall’ente gestore con tempi ristretti”, conclude il comunicato.
“In pochi giorni dal suo avvio abbiamo già visto tutte le falle del nuovo sistema albanese”, afferma Francesco Ferri di Action aid, giurista che faceva parte di una delle delegazioni del Tavolo asilo in Albania. “Questo caso è abbastanza emblematico perché mostra come i centri albanesi non abbiano nessun impatto sull’aumento dei rimpatri, né sull’efficienza del sistema come invece è stato annunciato dal governo”, spiega Ferri. L’Albania non può rimpatriare direttamente i migranti dal suo territorio, perché la procedura non fa parte dell’accordo stipulato con Tirana nel 2023 e inoltre l’Albania, a sua volta, dovrebbe stipulare degli accordi bilaterali di rimpatrio con i paesi di origine delle persone, che al momento non possiede.
“I rimpatri sono fuori dal protocollo. Anche se le autorità all’inizio hanno avuto una comunicazione ambivalente, che faceva pensare il contrario. I centri in Albania sono extraterritoriali, sotto la giurisdizione italiana, ma se la persona fosse trasferita in aeroporto, quale sarebbe la giurisdizione vigente? Quindi questi centri avranno un impatto solo sui costi per ogni singola persona, costi che non abbiamo ancora stimato, ma che sono notevoli”, spiega Ferri.”Che senso ha se poi le persone devono tornare in Italia? Anche nella prospettiva del governo questo accordo non funziona. È un procedimento farsesco”, sottolinea il giurista. Inoltre, c’è stato un caso molto interessante di un migrante irregolare che ha fatto domanda di asilo in Albania, e anche in quel caso è stato di nuovo trasferito in Italia.
“La competenza per il trattenimento è passata dal giudice di pace alla corte di appello di Roma e la corte non ha convalidato la detenzione del richiedente asilo nel centro in Albania, quindi questa persona è stata riportata in Italia immediatamente, perché in Albania possono essere esaminate le domande di asilo di richiedenti asilo che provengono da paesi considerati sicuri, che sono sottoposti a una procedura accelerata di frontiera. Quindi anche la domanda di asilo di questa persona è fuori dal protocollo tra Italia e Albania”, spiega Ferri. Questa decisione di chiedere asilo potrebbe essere adottata da altri migranti in futuro. Inoltre in pochi giorni sono scoppiate proteste nei centri albanesi: “Questo ci dice la situazione di disperazione delle persone trattenute. In pochissimo tempo sono emersi tutti i problemi e le inefficienze di questo sistema. Tutto è più accelerato e più violento rispetto a quello che succede nei Cpr italiani”, conclude Ferri.
Questo testo è tratto dalla newsletter Frontiere.
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