Ogni giorno centinaia di visitatori scendono alla stazione di Seoul dal treno che collega l’aeroporto alla capitale, aprono Google Maps sui loro smartphone e scoprono che l’app non dà indicazioni. Quasi nessuno sa che la Corea del Sud, insieme a Cina, Iran, Siria e pochi altri paesi, impedisce alle aziende straniere di esportare i dati cartografici necessari a fornire un servizio di mappe online.
Questo punto cieco è al centro di uno scontro politico arrivato al terzo round. Nel 2007 e nel 2016 Google ha chiesto a Seoul il permesso di copiare mappe digitali in scala 1:5000 (un centimetro nella mappa corrisponde a cinquanta metri reali) nei suoi server offshore, ma gli è stato negato. A giugno di quest’anno la Apple ha presentato una richiesta accettando di seguire le norme coreane su archiviazione e mascheramento dei luoghi rilevanti per la sicurezza nazionale, mentre Google ha rinnovato la sua senza impegnarsi. La commissione per l’esportazione delle mappe dovrà decidere entro agosto.
Le restrizioni sulle mappe risalgono agli anni settanta, quando il governo militare classificò le più dettagliate come una risorsa strategica. Ancora oggi una legge stabilisce che i rilevamenti fatti dal governo “non possono attraversare i confini nazionali” senza l’approvazione unanime dell’esecutivo. Chi contesta questi divieti sostiene che sono superflui, perché aziende come la Maxar e l’Airbus fanno già circolare immagini commerciali della penisola coreana con un dettaglio di trenta centimetri.
Secondo gli esperti di difesa l’esportazione della mappa di base in scala 1:5000 fornirebbe agli avversari un aiuto per il puntamento di precisione delle armi. Spesso citano il caso dell’Ucraina: quando nel 2022 Google Earth ha aggiornato le tessere satellitari, i blogger hanno passato in rassegna le immagini e geolocalizzato le strutture militari appena costruite, costringendo Kiev a chiedere a Google di offuscare le aree sensibili. Gli ufficiali sudcoreani temono di non poter imporre correzioni immediate una volta che i dati saranno usciti dalla loro giurisdizione. La Corea del Sud è ancora tecnicamente in guerra con il Nord e le installazioni chiave si trovano nel raggio d’azione dell’artiglieria di Pyongyang.
Proteggere le app coreane
Ma la sicurezza è solo una parte delle ragioni di Seoul. Le mappe dettagliate sono alla base dei fiorenti servizi digitali coreani: Naver Map, KakaoMap e T Map della Skt coprono insieme quasi il 90 per cento del traffico di navigazione locale. Il loro successo si basa in parte sui limiti imposti a Google: una volta che il gigante statunitense avrà ottenuto parità di accesso ai dati, la quota di mercato per le imprese nazionali potrebbe crollare. E c’è un rischio ancora più esteso: il settore geospaziale sudcoreano – circa seimila aziende, per lo più di piccole dimensioni – potrebbe essere estromesso dall’ingresso di Google. Il 90 per cento delle aziende si oppone a un’approvazione generalizzata delle esportazioni, nel timore che Google possa inserire i contenuti sudcoreani nel suo cloud globale e rivenderli all’estero. Molte di queste aziende costruiscono mappe interne, griglie per le consegne con i droni e modelli digitali urbani a partire dal livello di base prodotto dal governo.
La battaglia si è inasprita sulla questione della localizzazione dei server. L’elenco pubblico delle strutture in cui Google conserva i dati include Tokyo, Osaka, Taiwan e Singapore, ma nessuno in Corea del Sud. Nel 2016 il governo ha comunicato a Google che l’azienda avrebbe potuto fornire un servizio completo di navigazione se avesse conservato sul territorio coreano tutti i dati e accettato lo stesso regime di mascheramento imposto alle app nazionali. Google ha rifiutato. La Apple invece possiede già dei server locali e ha promesso di sfocare le immagini intorno ai siti di difesa indicati da Seoul. Google si è offerta di sfocare le aree sensibili, ma ha chiesto le coordinate precise di ogni struttura da nascondere, irrigidendo l’opposizione all’interno della commissione.
In mezzo ci sono le persone comuni. Secondo uno studio dell’università Yonsei, la piena funzionalità di Google Maps potrebbe attirare altri 6,8 milioni di visitatori stranieri e generare 22,6 miliardi di dollari in ricavi dal turismo entro il 2027. Le app coreane stanno migliorando, ma richiedono un numero di telefono coreano per registrarsi e i loro link di pagamento funzionano raramente con carte di credito straniere. Queste difficoltà possono scoraggiare le visite ripetute dei turisti, fondamentali per un paese che ancora non è riuscito a tornare al suo record di visite di prima della pandemia, cioè 17,5 milioni di turisti all’anno.
Barriera commerciale
Gli scettici verso la campagna guidata da Google sostengono che la Apple è riuscita a fornire un servizio di navigazione di base con dati in scala 1:25.000 (poco dettagliati), dimostrando che è tecnicamente fattibile. Per cui l’insistenza di Google sembra più una questione di opportunità aziendale che una necessità.
Ma la questione non è più strettamente nazionale. A marzo gli Stati Uniti hanno definito la norma coreana una “barriera commerciale digitale”. Il governo del presidente Lee Jae-myung vuole sgravi tariffari sulle esportazioni di acciaio e auto. Washington vuole flussi di dati più liberi. Secondo il ministro del commercio Yeo Han-koo il governo sta “studiando tutte le opzioni” per rilanciare i negoziati. Ma qualsiasi concessione susciterà reazioni nel paese. Per l’opposizione cedere alle pressioni degli Stati Uniti creerebbe un precedente, e Pechino potrebbe avere pretese simili. I funzionari stanno valutando opzioni intermedie insieme a un meccanismo che penalizzerebbe le aziende straniere se non riuscissero a offuscare tempestivamente i siti sensibili. Questo potrebbe soddisfare le richieste di accesso al mercato di Washington, preservando al contempo la supervisione di Seoul, ma non è chiaro se Google investirà nell’infrastruttura necessaria.
Nel frattempo altri paesi osservano con attenzione. L’India impone l’archiviazione locale per le mappe dettagliate, l’Indonesia e il Vietnam stanno elaborando norme simili. Un compromesso a Seoul potrebbe diventare un modello di riferimento. Se invece la Corea del Sud terrà il punto, sarà la prova che una democrazia legata alla tecnologia statunitense può comunque affermare una forte sovranità sui dati sensibili. ◆ gim
Iscriviti a In Asia
|
Cosa succede in Asia e nel Pacifico. A cura di Junko Terao. Ogni sabato.
|
Iscriviti |
Iscriviti a In Asia
|
Iscriviti |
Cosa succede in Asia e nel Pacifico. A cura di Junko Terao. Ogni sabato.
|
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati