Ad aprile il produttore di auto elettriche cinese Byd per la prima volta ha venduto in Europa più veicoli della concorrente statunitense Tesla, a lungo leader del mercato. Secondo la società di ricerca Jato Dymamics, l’azienda fondata da Elon Musk ha venduto 7.165 auto elettriche, mentre la Byd è arrivata a 7.231 veicoli. La differenza è minima, ma bisogna considerare che da tempo i numeri della Tesla in Europa registrano un calo clamoroso, soprattutto a causa delle posizioni politiche di Musk.

L’imprenditore di origini sudafricane si è schierato al fianco di Donald Trump, lanciando campagne a favore dei partiti di estrema destra europei (per esempio l’Alternative für Deutschland in Germania), oltre a diffondere sul suo social media X teorie razziste e complottiste e notizie false, spesso in linea con la propaganda del regime russo di Vladimir Putin.

Tutto questo non ha certo invogliato gli europei a comprare auto della Tesla. I numeri sono impietosi: ad aprile le vendite nell’Unione europea si sono dimezzate, visto che, secondo l’Associazione europea dei produttori di automobili (Acea), le immatricolazioni di nuove Tesla sono diminuite del 52,6 per cento, mentre nei primi quattro mesi del 2025 la quota di mercato dell’azienda statunitense è scesa all’1,1 per cento. Oggi la Tesla è dietro altri dieci marchi, tra cui la Volkswagen, la Bmw, la Renault e la Byd.

In testa alla classifica delle auto elettriche più vendute c’è l’Elroq, il piccolo suv della Škoda (gruppo Volkswagen). La Model Y della Tesla, che in passato è stata a lungo in testa, è solo al nono posto. Il crollo dell’azienda di Musk avviene mentre il mercato dell’auto elettrica continua a crescere in Europa: +26,4 per cento rispetto al 2024. Nel primo trimestre del 2025 gli utili netti della Tesla sono crollati del 71 per cento. Anche per questo Musk si è affrettato ad annunciare che dedicherà meno tempo alla politica a Washington, dove a quanto pare nessuno vuole trattenerlo.

In questa fase i vincitori della corsa all’auto elettrica appaiono sempre più i produttori cinesi, in particolare la Byd, che continua a espandersi rapidamente in Europa nonostante i dazi decisi da Bruxelles. Ad aprile le vendite dell’azienda sono quadruplicate rispetto allo stesso mese del 2024, mentre nel primo trimestre del 2025 gli utili sono raddoppiati.

La Byd è ormai la leader incontrastata del settore a livello mondiale. Il principale punto di forza di quest’azienda e in generale delle case cinesi è la capacità di proporre auto a prezzi molto più bassi della concorrenza. Di recente, scrive il quotidiano tedesco Die Tageszeitung, la Byd ha lanciato il modello Dolphin Surf con un prezzo base di 19.990 euro, sicuramente alla portata di molte persone con redditi medi. Anche la Volkswagen ha intenzione di lanciare un’auto economica, la ID.Every1, ma non arriverà prima del 2027.

Per ora, aggiunge la Tageszeitung, le case automobilistiche europee, soprattutto quelle tedesche, sfruttano la loro buona reputazione in fatto di qualità del prodotto e affidabilità della rete di servizi sul territorio. Ma la lotta è sempre più feroce. Le aziende occidentali, per esempio, hanno sempre meno spazio sull’enorme mercato cinese, dove la Byd ha appena annunciato riduzioni di prezzo fino al 34 per cento su 22 modelli elettrici e ibridi entro la fine di giugno. Una mossa di fronte alla quale le concorrenti, che non possono permettersi ribassi simili, saranno costrette a cedere quote di mercato. Questo è il destino della Volkswagen, della Mercedes Benz e della Bmw, ma anche della Tesla, la cui produzione in Cina è in calo da sette mesi.

La sfida tuttavia non si gioca solo sul prezzo. Il successo cinese nel settore automobilistico sfrutta senza dubbio i generosi aiuti di Pechino, ma è anche legato alle sue tecnologie avanzate e al dominio nella fornitura di alcuni componenti e materie prime chiave, come le batterie e le terre rare.

I modelli cinesi non hanno niente da invidiare a quelli occidentali. Anzi, su molti fronti si annunciano progressi impressionanti. Di recente, per esempio, la Byd ha presentato una linea di automobili (ancora sperimentale) la cui batteria è in grado di ricaricarsi in cinque minuti e durare per circa 400 chilometri.

Lo stesso tipo di batterie è stato annunciato anche dalla Contemporary Amperex Technology e dalla Catl, dimostrando quanto ormai sia ampio il vantaggio cinese. La Catl, in particolare, assicura più di un terzo della produzione mondiale di batterie per veicoli elettrici, incluse quelle delle Tesla fabbricate in Cina.

A maggio l’azienda è stata protagonista di un collocamento record alla borsa di Hong Kong (il secondo dopo quello del 2018 a Shenzhen), il più grande dell’anno finora, con cui ha raccolto 4,6 miliardi di dollari. Le azioni sono subito salite del 16 per cento, grazie soprattutto alle prospettive di espansione mondiale della Catl, pronta tra l’altro a rafforzare la sua presenza in Europa con un investimento da 7,3 miliardi di euro in una fabbrica in Ungheria.

Un caso particolare è l’ingresso nel settore delle auto elettriche da parte della Xiaomi, un’azienda che finora aveva prodotto soprattutto telefoni e altri dispositivi elettronici. Come osserva il New York Times, quest’azienda è riuscita dove ha fallito la Apple, che dopo dieci anni di sforzi è stata costretta a cancellare un progetto in cui ha versato dieci miliardi di dollari. In soli tre anni invece la Xiaomi ha lanciato il suo primo modello. L’anno scorso ha venduto 135mila veicoli e prevede di raddoppiare la cifra nel 2025.

Di fronte all’avanzata cinese le barriere commerciali predisposte dagli stati occidentali rischiano di risultare insufficienti oltre che dannose. La situazione è evidente soprattutto in Europa, dove i dazi decisi da Bruxelles sono nettamente più bassi di quelli imposti dagli Stati Uniti. Il problema è che i dazi hanno senso se sono imposti per dare tempo all’industria locale di mettersi al passo. In caso contrario il loro effetto principale è solo quello di aumentare i prezzi e rallentare l’innovazione.

C’è il timore che ormai il ritardo sia incolmabile. Almeno a giudicare dalle notizie che arrivano dalla Germania e dalla Francia. A gennaio la Volkswagen ha dichiarato di essere aperta “all’idea di cedere alle case automobilistiche cinesi linee di produzione ormai superflue nelle sue fabbriche tedesche”. La francese Eramet e la franco-belga Umicore, aziende che producono metalli usati nelle batterie, hanno dichiarato che “il tentativo europeo di sviluppare un’industria automobilistica pienamente autonoma non può funzionare”.

Secondo i dirigenti di queste aziende, “invece di cercare di raggiungere la Catl o la Byd, gli europei farebbero bene a siglare delle alleanze con i cinesi e incentivare le aziende asiatiche ad aprire impianti in Europa”. Impianti che a quel punto sarebbero semplici catene per l’assemblaggio di prodotti sviluppati in Asia. Questa sarebbe una fine davvero triste per l’industria automobilistica europea.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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