L’antifascismo, nel suo senso più ampio, difende valori come solidarietà, uguaglianza, pace e libertà. Ma oggi proprio questi valori sono messi in discussione. Il partito tedesco Alternative für Deutschland (Afd, di estrema destra), con il suo programma fatto di divisioni, denunce, propaganda e disuguaglianze avvelena il clima politico della Germania. Gli attivisti antifascisti subiscono misure repressive e finiscono in carcere, mentre partiti e istituzioni tradizionali assumono sempre più spesso il ruolo di facilitatori della destra. La situazione in Germania è difficile.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inserito il movimento antifascista Antifa Ost nella lista delle organizzazioni terroristiche. È un attacco a ogni forma di opposizione politica. Il termine antifa è un denominatore comune di tutte le forze che si oppongono al fascismo: valeva dopo la seconda guerra mondiale e durante la guerra civile spagnola contro il dittatore Francisco Franco.
L’antifascismo è un concetto ampio e quindi attaccarlo significa colpire qualsiasi soggetto possa ostacolare la politica reazionaria della destra o anche solo metterla in discussione: dai sindacati ai pacifisti, dal mondo accademico ai gruppi ambientalisti fino al Partito marxista-leninista tedesco. Questa politica reazionaria nasce proprio dal rifiuto dei valori antifascisti, che è inevitabile per un governo che ha messo all’ordine del giorno anche una guerra all’estero. Un’opposizione (antifascista) sarebbe un ostacolo.
L’attacco agli attivisti appare particolarmente evidente nelle sentenze dei tribunali tedeschi. I militanti dell’Antifa Ost hanno ricevuto condanne superiori a cinque anni per lesioni personali e associazione criminale, com’è successo nel 2023 a Lina E. e poi ad Hanna S., coinvolta nel cosiddetto “Budapest-Komplex” (una serie di aggressioni avvenute a Budapest tra militanti di estrema sinistra e di destra in seguito a una manifestazione neonazista). I neonazisti del gruppo Knockout 51, invece, per reati simili sono stati condannati a pene inferiori ai quattro anni.
Nel 2021 due antifascisti del Baden-Württemberg hanno ricevuto condanne tra i quattro anni e mezzo e i cinque anni e mezzo per aver aggredito militanti di estrema destra, mentre il neonazista Maurice P., che aveva colpito una persona alla gola con un taglierino, ha avuto meno di tre anni. Per i fascisti c’è clemenza, per gli antifascisti no.
La nuova ondata repressiva ha portato anche all’estradizione illegale di Maja T. in Ungheria. Un episodio che non deve stupire più di tanto: negli ultimi anni, nella polizia e nei servizi segreti sono emersi numerosi casi di agenti con simpatie di destra.
Il 25 novembre è cominciato a Dresda il processo contro sette militanti antifascisti accusati di appartenenza o sostegno al movimento Antifa Ost, che recentemente gli Stati Uniti hanno inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali. I procuratori accusano gli imputati di aver fondato un “gruppo sovraregionale in rete” con una “ideologia estremista di sinistra militante”. Il gruppo avrebbe compiuto attacchi “attentamente pianificati” contro individui associati alla “scena di destra”. Nello specifico, sei dei sette imputati sono accusati di attacchi contro i partecipanti alle marce naziste di Dresda e Magdeburgo, contro il gestore di un luogo di ritrovo neonazista a Eisenach, contro un negozio del marchio di abbigliamento di destra Thor Steinar a Dortmund e contro gli eventi legati alla Giornata dell’onore che inneggia il nazismo a Budapest, nel 2023. Sono previste in media dieci udienze al mese fino all’estate del 2026.
Molte regioni tedesche stanno introducendo una clausola contro l’estremismo per i dipendenti pubblici. In teoria la misura servirebbe a contrastare l’Afd e i neonazisti. Ma l’apparenza inganna. In futuro colpirà chiunque sarà considerato un estremista, sia di destra sia di sinistra. Il ministero dell’interno della Renania-Palatinato elenca ventidue organizzazioni di destra e diciotto di sinistra, tra cui la federazione sindacale Freie Arbeiterinnen-Union (Fau), il collettivo comunista Ums-Ganze, l’organizzazione di solidarietà Rote Hilfe e il gruppo di migranti antifascisti Migrantifa Rhein-Main. Inoltre chiunque entra in contatto con queste realtà è considerato sospetto.
Ogni gruppo considerato estremista – o, come negli Stati Uniti, un’organizzazione terroristica – viene completamente isolato. La solidarietà rischia di essere presa per sostegno a un’organizzazione criminale e così anche le manifestazioni pubbliche o le raccolte fondi diventeranno impossibili. È uno degli obiettivi per cui esiste una lista statunitense delle organizzazioni terroristiche.
La repressione, però, assume anche forme più sottili. La Cdu (il partito cristiano-democratico della Germania) vuole verificare la “fedeltà alla costituzione” di tutte le ong. La definizione stessa di estremismo è nelle mani dell’ufficio federale per la protezione della costituzione, già criticato per le infiltrazioni di destra.
L’Afd ha gioco facile: la Cdu ha in parte la sua stessa strategia e si pone come avversaria di ogni sfumatura dell’antifascismo. Nel frattempo alcune università hanno impedito al gruppo studentesco Studis gegen Rechts (Studenti contro le destre) di riunirsi per protestare contro il congresso fondativo della sezione giovanile dell’Afd a Gießen. È bastato che l’Afd scrivesse un’email ai rettorati. Il timore di ripercussioni rende conformisti. E così la strategia dell’estrema destra risulta vincente, la discussione politica, l’organizzazione e la solidarietà diventano impossibili.
Manifestare è reato
Anche sul piano pratico l’antifascismo incontra nuovi ostacoli. Di recente la corte costituzionale federale ha stabilito che i blocchi stradali sono un reato. Con questa misura gli oppositori dei movimenti neonazisti si vedono privati di un importante strumento di lotta. Nel 2010 perfino l’ex presidente socialista del Bundestag Wolfgang Thierse aveva partecipato a un blocco stradale, senza conseguenze legali. Negli anni ottanta i sit-in davanti alle caserme erano una pratica diffusa contro la militarizzazione.
Anche allora gli attivisti antifascisti venivano indagati, ma le accuse di tentato omicidio legate a episodi di violenza erano rare e le pene non raggiungevano i massimi previsti. La generazione dei giudici attivi durante l’epoca nazista era appena andata in pensione e a volte gli imputati trovavano perfino comprensione.
La repressione non era paragonabile a quella di oggi. Da un lato gli apparati statali erano impegnati con tre gruppi armati clandestini (i terroristi della Rote armee fraktion, il Movimento 2 giugno e i Revolutionäre Zellen), dall’altro c’era un’ampia mobilitazione contro le centrali nucleari, la costruzione della nuova pista dell’aeroporto di Francoforte o gli sfratti. E contro i neonazisti.
L’antifascismo militante era un fenomeno nuovo e le autorità non ne avevano ancora compreso del tutto il significato. Ma forse le autorità non perseguivano troppo gli attacchi contro i nazisti o le loro strutture anche perché non li consideravano davvero una minaccia per lo stato.
L’attuale stretta contro gli antifascisti rappresenta un attacco a ogni forma di opposizione.
(Traduzione di Nicola Vincenzoni)
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