◆ Sono cresciuto a Ca’ De Caroli, una piccola frazione di Scandiano in provincia di Reggio Emilia, in un condominio chiamato Sangrillà. Anni dopo ho scoperto che non si trattava di un santo, ma di un luogo mitico d’oriente, una delle molte declinazioni di quel paradiso perduto che l’umanità ha sempre cercato in ogni tonalità del cielo della sua storia. Quella frazione era abitata in gran parte da operai di un’officina di materiali edili, sempre ricoperti di bianca polvere di gesso e per i quali evidentemente il lavoro non era solo occasione di alienazione ma di confronto. Nell’immediato dopoguerra, sull’onda delle spinte a rinnovare il mondo, gli abitanti di Ca’ De Caroli decisero di cambiare il nome del loro borgo in “Shangri-là”, come nel film di Frank Capra che li aveva ispirati, Orizzonte perduto , per fare del loro luogo sulla terra il paese dell’eterna giovinezza: la repubblica in cui non c’è sopraffazione ma solo adesione volontaria ai princìpi del rispetto, della giustizia e della solidarietà. Agli uffici preposti risposero che in quel momento c’erano problemi più gravi da risolvere, ma per quegli operai il paese rimase la repubblica di Shangri-là. Un luogo segnato non sulle carte geografiche, ma inciso nel cuore. Un paese di u-topia, un non luogo, come tutti gli Eden. Un’idea. Un recinto di umanità, da abitare e difendere a partire da noi stessi.
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Questo articolo è uscito sul numero 1624 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati