Quasi ogni mese Cihan Citak prende l’auto e il passaporto e parte da Istanbul alla volta di Alexandroupolis, una città greca sulla costa, a quaranta chilometri dal confine turco. Dopo aver guidato per circa quattro ore, si aggira tra le corsie affollate del supermercato locale e riempie il carrello di vino, formaggio e altri generi alimentari, per i quali spende molto meno di quanto farebbe nel suo paese. “Qui l’olio d’oliva costa dieci euro al litro, in Turchia il doppio”, dice Citak, che dirige un’azienda del settore alimentare. In Grecia “spendo un terzo in meno”.
Attraversare il confine per fare la spesa è diventata ormai un’abitudine per molti turchi. La Grecia è un’alternativa più economica per gli acquisti di tutti i giorni a causa dei rincari e della lira forte. Questa tendenza, che non è nuova, ora sta accelerando: secondo TurkStat, l’istituto di statistica nazionale, il 6 per cento dei turchi che si sono spostati all’estero nei primi mesi dell’anno l’ha fatto per andare al supermercato. È la percentuale più alta dal 2012. “I turchi hanno invaso Alexandroupolis”, scherza Citak, che ha 48 anni. “Se ne vedono a centinaia intenti a fare la spesa. Poi vanno al ristorante e parlano di quello che hanno comprato e di quanto lo hanno pagato”. Alcuni condividono le loro esperienza su YouTube e TikTok, raggiungendo migliaia di visualizzazioni con video in cui mostrano i cartellini dei prezzi dei prodotti acquistati.
Basta una rapida occhiata agli scaffali dei negozi per capire. Alla Lidl di Alexandroupolis molti articoli di uso quotidiano costano decisamente meno che alla Carrefour in Turchia. La carne macinata, per esempio, è venduta a nove euro al chilo in Grecia e dodici euro al chilo in Turchia; le salsicce di manzo costano quasi la metà rispetto al prezzo turco; il formaggio Gouda e le barrette di cioccolato Kinder quasi un terzo di meno.
Dietro questa tendenza c’è la scelta della Turchia di rallentare l’inflazione mantenendo tassi d’interesse elevati e una valuta forte. Fino a pochi anni fa erano in greci a tornare dalla Turchia con buste piene di prodotti alimentari, abiti e altri beni. All’epoca la bizzarra politica monetaria voluta dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, convinto che i tassi d’interesse bassi avrebbero fermato l’inflazione, svalutava la lira e dava più potere d’acquisto all’euro.
Dalla metà del 2023, tuttavia, quando Erdoğan ha nominato ministro delle finanze Mehmet Şimşek, ex manager della banca statunitense Merril Lynch, il paese è tornato a una gestione più convenzionale dell’economia. Il cambio della lira si è rafforzato e l’inflazione per i generi alimentari è scesa dal 54 al 35 per cento. Per i consumatori questo significa che i prezzi aumentano più lentamente, ma il conto al supermercato ha continuato a gonfiarsi: TurkStat stima che, da quando è entrato in carica Şimşek, i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande sono aumentati in media del 144 per cento. Secondo la banca centrale, il 2025 si chiuderà con un’inflazione superiore al 30 per cento.
Spedizioni in autobus
I prezzi mettono sotto pressione le famiglie. L’opposizione accusa Erdoğan di costringere i turchi ad andare all’estero per riempire la dispensa. Le agenzie di viaggio di città come Istanbul, Çanakkale e Bursa hanno colto al volo l’opportunità organizzando trasferte in autobus, con andata e ritorno in giornata, verso Alexandroupolis. Per cinquanta euro i turchi possono riempirsi le buste nei supermercati. “La gente compra di tutto, compresi carne e formaggio”, racconta Seçkin Igneli, dell’agenzia di viaggi Atom Tur. “Molti si godono anche i piatti a base di pesce nei ristoranti”.
Gli autobus della Atom partono il venerdì sera e arrivano ad Alexandroupolis la mattina presto. Le persone passano tre ore e mezza nei supermercati, poi fanno un giro della città e si godono un po’ di tempo libero. Nel pomeriggio si riparte per la Turchia. Citak vuole continuare ad andare in Grecia. Anche se il viaggio di ritorno può essere noioso: “Ci sono andato pochi giorni fa. Al ritorno ci hanno messo ore a controllare i passaporti. C’era una fila lunghissima”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1644 di Internazionale, a pagina 99. Compra questo numero | Abbonati