I paesi europei si preparano a ridurre le misure di sostegno senza precedenti prese per i lavoratori colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia di covid-19. Milioni di persone dipendono dai sussidi, e per alcuni economisti è urgente aiutarle a trovare impiego in altri settori. Secondo un’analisi del Financial Times, alla fine del 2020 sei milioni di lavoratori delle più importanti economie dell’eurozona beneficiavano dei programmi governativi o di un orario di lavoro ridotto (come la cassa integrazione italiana e i contratti di solidarietà). È un numero molto inferiore ai 23 milioni registrati nell’aprile del 2020, al picco della prima fase della pandemia, ma è aumentato di nuovo negli ultimi mesi a causa delle restrizioni imposte per contrastare la seconda ondata del contagio. Inoltre, non include molti lavoratori autonomi, a termine o occasionali, che in alcuni paesi sono coperti da misure di sostegno diverse.

A gennaio in Germania i lavoratori a orario ridotto sono aumentati del 20 per cento rispetto a dicembre. Secondo l’Institut für Wirtschaftsforschung (Ifo) dell’università di Monaco di Baviera, erano 2,6 milioni, pari al 7,8 per cento dei lavoratori dipendenti tedeschi. In Francia erano saliti a 1,3 milioni a novembre, per poi diminuire di nuovo a dicembre. L’orario ridotto “ha salvato molti posti nel nostro settore”, afferma Stefan Wolf, presidente dell’associazione tedesca delle aziende dei settori metallurgico ed elettrico. Alla fine di gennaio vi faceva ancora ricorso poco più del 40 per cento delle aziende dell’associazione, tra cui la Elring­Klinger, che produce guarnizioni e pannelli di plastica per le automobili.

Questi programmi saranno progressivamente ridotti nei prossimi mesi. Da marzo la cassa integrazione francese coprirà una parte inferiore del salario complessivo, mentre aumenterà il contributo a carico dei datori di lavoro. In Spagna i sussidi sono stati estesi fino a maggio, ma le esenzioni per le imprese sui contributi previdenziali saranno limitate ai settori più colpiti. Anche in Italia i programmi di sostegno, come il blocco dei licenziamenti, dovrebbero terminare in primavera.

In alcuni casi, dicono gli economisti, ridurre i sussidi serve a incoraggiare le persone ad abbandonare posti di lavoro diventati economicamente insostenibili. Secondo Andrea Garnero, economista esperto di mercato del lavoro presso l’Ocse, “è essenziale promuovere la mobilità dei lavoratori da occupazioni che godono di sussidi ad altre che non ne prevedono”, e che i programmi d’aiuto si concentrino “su attività che hanno delle probabilità di tornare sostenibili”.

In caso di ulteriori restrizioni, si sta valutando se aumentare la quota di salario dei cassintegrati a carico delle imprese. “Le aziende di settori non soggetti a restrizioni obbligatorie potrebbero sostenere in parte i costi dei programmi di riduzione forzata dell’orario di lavoro. O potrebbe essere rivista la durata massima dei programmi di salvaguardia del posto di lavoro”, aggiunge Garnero.

Un semplice rinvio

Economisti e politici sono però preoccupati dalle conseguenze della riduzione delle misure di sostegno e temono un forte aumento della disoccupazione se gli aiuti saranno ridotti prima della fine della pandemia. Secondo Bert Colijn, economista della banca Ing, “a un certo punto aumenterà il numero di aziende che cominceranno a ristrutturarsi, e c’è il rischio che i programmi d’aiuto, una volta finiti, saranno serviti solo a rinviare l’aumento della disoccupazione”.

Da sapere
Sostegno pubblico
Lavoratori che ricevono aiuti dallo stato, percentuale della popolazione attiva* (Fonte: Financial Times)

*In Germania, Francia, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Austria.


All’inizio di febbraio Christine Lagarde, la presidente della Banca centrale europea, ha chiesto ai governi di “fare attenzione a non superare il punto di non ritorno” nella spesa pubblica e di “continuare a proteggere i posti di lavoro per tutto il 2021, nella speranza di poter vedere gradualmente i risultati delle vaccinazioni e poter eliminare le restrizioni”.

Alcuni governi stanno già cercando di spingere i lavoratori a riqualificarsi. Nei Paesi Bassi le aziende che fanno richiesta di sussidi devono dichiarare di aver incoraggiato la formazione dei dipendenti. In Francia gli aiuti previsti dai programmi di salvaguardia dei posti di lavoro aumentano dall’84 al 100 per cento del salario netto se i lavoratori cominciano a frequentare corsi di formazione. La Germania, i Paesi Bassi e l’Italia hanno offerto la copertura totale dei corsi di formazione e hanno destinato fondi alle aziende per la formazione o l’assunzione di tirocinanti.

I governi, inoltre, stanno cercando di concentrare i sussidi sui settori più colpiti. A gennaio il 56 per cento della manodopera tedesca impiegata negli alberghi e nei ristoranti lavorava a orario ridotto: secondo l’Ifo, nessun altro settore ha raggiunto questa percentuale. Nel settore manifatturiero la quota era del 9 per cento, contro il 30 per cento del maggio del 2020.

Ingrid Hartges, direttrice generale della Dehoga, l’associazione degli albergatori e ristoratori tedeschi, spiega che anche con i sussidi “è sempre più difficile per le imprese mantenere i dipendenti”. Il numero di lavoratori impiegati negli alberghi e nei ristoranti tedeschi è sceso del 9 per cento rispetto a un anno fa, arrivando ad appena un milione a novembre. Un dato che sembrerebbe suggerire che queste persone hanno cercato opportunità d’impiego in altri settori.

Secondo Katharina Utermoehl, economista della Allianz, anche se i sussidi hanno permesso di realizzare “un vero miracolo del mercato del lavoro in Europa”, non sono una panacea. “Più a lungo durerà la crisi, più grande sarà il bisogno di affiancare politiche attive ai programmi di tutela dell’occupazione, per concentrarsi maggiormente sulla creazione dei posti di lavoro del futuro invece della sola salvaguardia di quelli attuali”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati