Un gruppo di aziende, che include l’Airbus e la Philips, ha scritto alla Commissione europea per chiedere una sospensione della parte dell’Artificial intelligence act (Ai act) che dovrebbe entrare in vigore ad agosto. Le disposizioni del testo sulla gestione dei modelli d’intelligenza artificiale (ia) sono così vaghe da creare incertezza nell’applicazione e quindi costi più alti. Se l’effetto dell’Ai act è ancora da misurare, sappiamo che alcune regole già in vigore sul digitale hanno avuto effetti più negativi del previsto. Ma c’è poca pressione per modificarle, forse perché le aziende sono ormai rassegnate e temono nuovi cambiamenti. Nel 2018 è entrato in vigore il Gdpr, il regolamento per la protezione dei dati personali raccolti dalle imprese nell’Unione europea. È passato abbastanza tempo per misurarne l’impatto: oltre ai racconti di incubi burocratici, sappiamo che le imprese europee – rispetto a quelle attive negli Stati Uniti – hanno ridotto del 26 per cento l’accumulo di dati e del 15 per cento la loro lavorazione. Scelte che equivalgono a un aumento del 20 per cento del “costo” di gestione dei dati. Con meno dati, non si può essere competitivi sull’ia e ogni startup ha ostacoli maggiori. Oltre a preoccuparsi dei danni di regole future, sarebbe utile correggere quelle che hanno creato problemi. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati