L e tasse di Amazon sollevano nuove polemiche. La documentazione più recente presentata nel Lussemburgo ha rivelato che nell’ultimo anno l’azienda statunitense ha incassato dalle vendite in Europa la cifra record di 44 miliardi di dollari, ma nel granducato non ha pagato nessuna imposta. Amazon Eu Sarl, la società con sede nel Lussemburgo attraverso la quale Amazon vende i suoi prodotti nel Regno Unito e nel resto d’Europa, ha registrato una perdita da 1,2 miliardi di euro. Inoltre, dispone di crediti d’imposta pari a 56 milioni di euro, che potrà usare per compensare le tasse dovute per qualsiasi profitto futuro. Ha anche un credito da 2,7 miliardi di euro, frutto di perdite passate che ha la possibilità di spalmare sui bilanci futuri per abbattere i profitti. Amazon Eu Sarl ha solo 5.262 dipendenti e questo significa che il fatturato per singolo impiegato è di 8,4 milioni di euro. “A quanto pare la campagna instancabile di Amazon per evitare di pagare le tasse prosegue”, ha dichiarato Margaret Hodge, parlamentare britannica laburista che da tempo si batte contro l’elusione fiscale. “Le entrate del colosso statunitense sono aumentate vertiginosamente durante la pandemia, mentre i piccoli negozi soffrivano. Eppure Amazon continua a spostare i suoi profitti in paradisi fiscali come il Lussemburgo per evitare di pagare il dovuto al fisco. Queste grandi aziende digitali dipendono dai nostri servizi pubblici, dalle nostre infrastrutture e dalla nostra forza lavoro sana e istruita. Ma a differenza delle piccole imprese e dei lavoratori onesti che pagano le tasse, i giganti della tecnologia non contribuiscono economicamente al bene comune”.
“Sono cifre sconvolgenti perfino per Amazon”, ha sottolineato Paul Monaghan, amministratore delegato della Fair tax foundation. “Il suo dominio sul mercato si espande a ritmo esponenziale, sulla base di profitti che continuano a essere sostanzialmente esenti da tasse. Questo gli permette di competere in modo sleale con aziende che adottano politiche più responsabili. Buona parte degli utili realizzati da Amazon nel Regno Unito finiscono all’estero, in una società del Lussemburgo che registra enormi perdite. Questo significa che Amazon non solo evita di pagare tasse oggi, ma probabilmente potrà continuare a farlo per anni”.
Nel 2020 le vendite di Amazon Eu Sarl sono aumentate di dodici miliardi di euro, dai 32 miliardi del 2019. Ma nella documentazione presentata nel Lussemburgo non sono indicate le entrate relative a ciascun paese europeo. Tuttavia le dichiarazioni di Amazon negli Stati Uniti mostrano che nel Regno Unito gli incassi sono aumentati del 51 per cento nel 2020, raggiungendo la cifra record di 26,5 miliardi di dollari, dal momento che le persone bloccate in casa dalla pandemia hanno usato Amazon per comprare online mentre molti negozi erano chiusi. I 19,5 miliardi di sterline che i consumatori britannici hanno speso su Amazon nel 2020 sono più o meno il doppio della cifra incassata dai magazzini Marks & Spencer. L’aumento del lavoro da casa, inoltre, ha favorito i servizi di cloud computing di Amazon Web Services. Il colosso fondato da Jeff Bezos, però, non ha fornito dettagli sulle imposte versate nel Regno Unito. Nel 2019 l’azienda aveva pagato tasse per appena 293 milioni di sterline nonostante un fatturato di più di 17,5 miliardi di dollari.
Investimenti elevati
“Amazon paga tutte le tasse previste in ogni paese dov’è presente”, ha dichiarato un portavoce dell’azienda. “Le imposte sulle imprese si basano sui profitti, non sul fatturato. Gli utili sono rimasti contenuti a causa dei nostri investimenti elevati e del fatto che il mercato al dettaglio è estremamente competitivo e ha margini ridotti di guadagno. Dal 2010 abbiamo investito più di 78 miliardi di euro in Europa. Gran parte di questi investimenti ha riguardato infrastrutture che creano migliaia di nuovi posti di lavoro, generano significative entrate fiscali a livello locale e sostengono le piccole aziende europee”.
Molte grandi multinazionali hanno spostato la loro sede nel Lussemburgo attirate da una pressione fiscale particolarmente bassa. Amazon è arrivata nel granducato nel 2003 e in pochi mesi ha ottenuto un accordo confidenziale con le autorità fiscali del paese. Bob Comfort, responsabile delle politiche fiscali di Amazon fino al 2011, ha dichiarato a un giornale lussemburghese che Jean-Claude Juncker, ex presidente della Commissione europea e all’epoca primo ministro del paese, si era personalmente offerto di aiutare Amazon. “Il suo messaggio era semplice: ‘Se avete un problema che non riuscite a risolvere, contattatemi. Cercherò di darvi una mano’”. In seguito Comfort è stato nominato console onorario del Lussemburgo a Seattle, città dove si trova la sede statunitense di Amazon.
La proposta di Biden
Ad aprile il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha proposto grandi cambiamenti al sistema fiscale globale nel tentativo di impedire alle multinazionali di sfruttare le scappatoie del sistema. La Germania e la Francia hanno appoggiato le sue proposte, ma il Regno Unito è rimasto in silenzio. Per molto tempo Washington è stata contraria agli accordi globali che si proponevano di far pagare più tasse alle multinazionali. Ora la Casa Bianca vuole che le grandi aziende tecnologiche paghino le tasse ai governi nazionali in base alle vendite che registrano in ciascun paese, a prescindere da dove hanno la sede. Propone inoltre un’imposta minima globale del 21 per cento, un’aliquota più alta rispetto a quella di molti paesi, tra cui l’Irlanda, l’Ungheria e i Caraibi, che potrebbero sbarrare la strada alla proposta.
Bezos ha elogiato le proposte di Biden e ha dichiarato che Amazon “sostiene l’aumento delle tasse per le aziende”. La sua non è l’unica azienda a creare strutture complesse per eludere le tasse. Secondo la Fair tax foundation, negli ultimi dieci anni le sei principali aziende tecnologiche degli Stati Uniti – Amazon, Facebook, Google, Netflix, Apple e Microsoft – hanno eluso tasse a livello globale per cento miliardi di dollari. Amazon avrebbe tratto i vantaggi maggiori, pagando 3,4 miliardi di dollari di tasse in presenza di profitti per 26,8 miliardi. In sostanza, avrebbe pagato un’imposta del 12,7 per cento, mentre negli Stati Uniti l’aliquota è rimasta al 35 per cento durante gran parte di questo periodo. Amazon ha risposto che “queste conclusioni sono sbagliate” e che tra il 2018 e il 2020 l’azienda è stata sottoposta a una tassazione del 24 per cento. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1408 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati