Forse ci siamo. Finalmente c’è una grande rivolta in risposta al governo di Trump, che a sua volta è la reazione violenta contro tutto quello che di buono è successo negli Stati Uniti negli ultimi decenni, a cominciare dalla difesa dei diritti della natura, delle donne, dell’infanzia, delle popolazioni indigene, delle persone non bianche, degli immigrati, dei rifugiati, delle persone queer e trans, di quelle con disabilità, dei lavoratori.

La rivolta è cominciata a Los Angeles, una metropoli di quasi quattro milioni di abitanti che per metà sono di origine latinoamericana, in una regione dove vivono più di dodici milioni di persone che la guardia nazionale non può e non riuscirà mai a sottomettere. Potrà solo punire e provocare. Spero che i manifestanti gli facciano capire che gli agenti stanno violando il loro mandato e forse anche la legge. Tutto questo succede nello stato della California, la quarta economia mondiale, con una popolazione in maggioranza non bianca.

Finalmente c’è una rivolta in risposta al governo di Trump, che a sua volta è la reazione violenta contro tutto quello che di buono è successo negli Stati Uniti negli ultimi decenni

Stiamo alzando il livello dello scontro semplicemente perché i nostri avversari stanno facendo lo stesso. Eppure, come ha sottolineato qualcuno sul social media BlueSky, c’è “una netta spaccatura online tra i losangelini di ogni orientamento politico, consapevoli del fatto che le proteste sono state largamente pacifiche e che le violenze sono state provocate dall’Ice (la polizia federale per il controllo delle frontiere), e i liberali della costa orientale, che hanno la pretesa di spiegare alla ‘sinistra’ che le rivolte fanno il gioco della destra”. È una situazione familiare, riassunta dall’idea che a prescindere da cosa faccia la destra e da quanto orribili siano gli omicidi della polizia o gli abusi dell’Ice, noi dobbiamo rimanere pacifici, per di più in un modo che faccia contenti i nostri nemici. È una responsabilità collettiva, un senso di colpa collettivo. Se qualcuno, da qualche parte, dà fuoco a qualcosa o rompe qualcosa, è una macchia sull’intero movimento, un pretesto per giustificare l’inasprimento della violenza istituzionale.

In questo caso è utile distinguere tra i danni alle cose (a volte provocati dai manifestanti) e gli abusi sugli esseri umani (in gran parte commessi dalle forze dell’ordine durante le manifestazioni). La distruzione della proprietà privata può essere un gesto simbolico e teatrale (nella Londra del primo novecento le suffragiste spaccavano le vetrine dei negozi senza mettere in pericolo la vita di nessuno), una forma di protezione (i pompieri che sfondano una porta per salvare qualcuno da un incendio) o un atto di intimidazione (il marito che distrugge i mobili per far capire alla moglie che potrebbe distruggere fisicamente anche lei). Finora, però, ho sentito parlare solo dei danni causati dai manifestanti, anche se gli uomini armati al servizio della guerra di Trump contro i migranti sono stati responsabili di violenze e intimidazioni di ogni genere.

Dobbiamo ricordare che secondo loro noi saremo sempre violenti, a prescindere da tutto. La giustificazione per l’attacco contro i migranti e le persone dalla pelle scura è legata all’idea che gli Stati Uniti stiano subendo un’invasione e che solo un certo tipo di individui dalla pelle bianca abbia il diritto di vivere nel paese e in particolare in California, che è stata abitata prima dai nativi, poi dai messicani ed è diventata statunitense solo alla metà dell’ottocento.

Durante il primo mandato di Trump il fatto che alcune persone avessero deciso di prendere a pugni qualche nazista ha alimentato la convinzione che il movimento antifascista Antifa fosse una specie di associazione criminale. La destra l’ha perfino accusato di essere responsabile del colpo di stato del 6 gennaio 2021. Come sempre, i mezzi d’informazione tradizionali non hanno fatto nulla per smentire queste bugie. E poi, da quando essere antifascisti è diventata una brutta cosa? Capisco che lo sia per i fascisti, ma quand’è che hanno convinto anche i giornali e le tv?

Dopo le proteste contro il vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio a Seattle del 1999 gli stessi mezzi d’informazione diffusero il mito secondo cui gli attivisti erano violenti, ripetendo le bugie delle forze dell’ordine e lanciando accuse insensate e infondate.

L’amministrazione statunitense è isolazionista e segregazionista. La solidarietà è il nostro primo dovere ed è anche lo strumento principale che abbiamo per respingere la sua offensiva

La verità è che a Seattle andò in scena una vendetta brutale della polizia contro i manifestanti e chiunque si trovasse per strada, con il risultato che l’amministrazione comunale ha dovuto pagare spese sanitarie e risarcimenti (sarebbe bello se la destra, ossessionata dal denaro, ammettesse quanto costa la violenza della polizia alle casse comunali: nel 2024 l’amministrazione di New York ha dovuto sborsare più di duecento milioni in risarcimenti).

Non va dimenticato che durante le proteste per l’omicidio di George Floyd, nel 2020, in un solo giorno la polizia causò gravi lesioni agli occhi a otto persone sparando proiettili di gomma, alcuni militanti di estrema destra investirono deliberatamente i manifestanti, un adolescente ne colpì due con un fucile semiautomatico (e fu trattato da eroe) e un esponente del movimento Boogaloo Bois uccise un’agente federale a Oakland, durante un raduno del movimento Black lives matter, con la precisa intenzione di “scatenare una nuova guerra civile”.

Credo fermamente che la resistenza non violenta sia la strategia più efficace, ma questo non significa che dobbiamo essere remissivi e cercare di assecondare i nostri avversari, anche perché niente potrà mai placarli. Qualche tempo fa in un articolo ho scritto che “nel dibattito pubblico è ormai abitudine addossare la responsabilità degli eccessi della destra ai progressisti, alla sinistra, alle femministe, a Black lives matter, agli ambientalisti, alle persone non bianche e alla comunità lgbt+. È un meccanismo che dà alla destra le prerogative maschili e attribuisce invece alla sinistra le responsabilità femminili per il comportamento della destra. Inoltre, ormai è normale incolpare i democratici di quello che fanno i repubblicani. I due partiti sono inconsapevolmente percepiti come marito e moglie in un matrimonio tradizionale, in cui il compito della moglie è tranquillizzare il marito e aiutarlo a realizzare i suoi obiettivi, prendendo la responsabilità dei suoi scatti di ira”.

Viviamo in un momento storico in cui la solidarietà è fondamentale, ma purtroppo con gli infiniti dibattiti sulle strategie, la nonviolenza e altro non facciamo che indebolire la nostra causa. Dovremmo invece tenere lo sguardo fisso sull’avversario e sul quadro d’insieme. Sono convinta che i più anziani nel nostro gruppo, i più bianchi e quelli più al sicuro dalla violenza di stato non hanno l’autorità morale per dare lezioni ai più giovani, ai più scuri e ai più esposti alle brutalità del potere. Come diceva Martin Luther King Jr., “la rivolta è il linguaggio di chi non viene ascoltato. E cos’è che l’America non ha saputo ascoltare?”.

Ora ascoltare è possibile, basta parlare con le persone coinvolte o scegliere fonti che non siano corrotte dalla deferenza verso la polizia e le falsità trumpiane. Le bugie sono una forma di violenza contro la verità, sono la negazione del patto sul significato delle parole, sono il sabotaggio della realtà condivisa. Negli Stati Uniti oggi assistiamo a diversi tipi di violenza, vecchi e nuovi. Il paese è stato costruito su una forma di violenza selvaggia, con la riduzione in schiavitù dei neri rapiti dall’Africa e il genocidio delle popolazioni native. A queste violenze se ne aggiunge una terza: la negazione dei diritti delle donne.

L’amministrazione Trump ha intensificato il livello della violenza. Il presidente è uno stupratore e ha messo a capo dell’esercito un uomo a sua volta accusato di violenza sessuale; ha concesso la grazia ai rivoltosi più violenti del 6 gennaio 2021; ha minacciato di usare la violenza contro gli avversari, i nemici e la stampa; ha trasformato il governo federale in uno strumento per le sue vendette personali. Il suo secondo mandato è diventato una rappresaglia contro gli Stati Uniti, colpevoli di averlo bocciato alle elezioni presidenziali del 2020.

La violenza contro l’ambiente si manifesta invece con attacchi alle leggi per la protezione del clima, comprese le norme sull’efficienza dei combustibili, la difesa della natura, i parchi nazionali, i terreni pubblici, le foreste, l’acqua, gli standard alimentari e la sanità pubblica. Tutto questo avrà gravi conseguenze sul paese. Poi c’è l’aggressione ai diritti riproduttivi, che genera terrore e oppressione, restringe l’accesso all’assistenza sanitaria e mette a rischio le donne incinte. Infine lo smantellamento dell’Usaid (l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale) ha già causato un milione di vittime all’estero. Il fatto che questa tragedia venga ignorata è sconvolgente.

L’operato dell’amministrazione Trump costituisce un attacco contro la costituzione, lo stato di diritto, la separazione dei poteri e la prerogative del governo federale, oltre che contro i diritti dei veterani e degli assistiti dalla previdenza sociale. È un altro tipo di assalto contro la verità, i fatti, la storia e la scienza, in quanto strumenti di democrazia e quindi nemici dell’autoritarismo. Attaccando gli studenti stranieri e i giornalisti, l’amministrazione Trump combatte una guerra contro le garanzie del primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti: libertà di stampa, di riunione e di espressione. È una guerra contro tutti gli statunitensi e contro quello che il paese dovrebbe essere secondo la costituzione. Ed è anche una guerra contro la natura.

Come ha scritto la studiosa Heather Cox nella sua ultima newsletter, “a Washington sono arrivati i treni che trasportavano i carri armati per la parata militare del 14 giugno. Dall’altra parte del paese, i manifestanti di Los Angeles filmavano gli agenti dell’Ice che lanciavano granate stordenti contro la folla. Le due immagini danno un quadro inquietante degli Stati Uniti sotto il regime di Donald J. Trump, che sta sfruttando il tema dell’immigrazione per imporre uno stato di polizia”.

Tocca a noi batterlo. Tocca a noi, che non siamo nel mirino del potere, schierarci e difendere chi è sotto attacco. L’amministrazione Trump è violenta, divisiva, isolazionista e segregazionista. La solidarietà è il nostro primo dovere ed è anche lo strumento principale per respingere quest’offensiva. ◆ as

Questo articolo è uscito su Meditations in an emergency.

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Questo articolo è uscito sul numero 1618 di Internazionale, a pagina 43. Compra questo numero | Abbonati