In Nigeria criminali e terroristi hanno alzato la posta con una serie di uccisioni e rapimenti di massa. Il 18 novembre un generale è stato assassinato dai jihadisti legati al gruppo Stato islamico nello stato di Borno. Il giorno prima, nello stato di Kebbi, un gruppo armato aveva fatto irruzione in una scuola femminile, ucciso il vicepreside e rapito venticinque studenti, che sono state liberate solo nove giorni dopo. I crimini sono successi nonostante gli avvertimenti dei servizi d’intelligence.
Il 21 novembre nella scuola cattolica privata St. Mary di Papiri, nello stato del Niger (nella foto), sono stati presi in ostaggio 315 studenti e insegnanti (cinquanta sono poi riusciti a scappare). Questi fatti riportano alla mente il caso delle 276 studenti sequestrate a Chibok nel 2014 dal gruppo armato Boko haram, delle quali 91 mancano ancora all’appello.
Il rapimento nella scuola di Maga è un duro colpo per l’istruzione delle bambine nel nord della Nigeria, dove vive l’80 per cento dei 18,5 milioni di bambini nigeriani che non vanno a scuola. E in generale le prospettive non sono buone per il paese, ora che il presidente statunitense Donald Trump minaccia un’azione militare accusando il governo nigeriano di non proteggere i cristiani.
Nell’ultimo decennio la frequenza dei rapimenti nelle scuole avrebbe dovuto mettere in allarme Abuja e spingerla ad agire. Secondo un rapporto della società di consulenza Sbm intelligence, in questi anni sono stati pagati riscatti per l’equivalente di tre milioni di euro. Tra luglio del 2022 e giugno del 2023 sono stati denunciati 582 sequestri, con 3.620 persone coinvolte. Inviare l’esercito nelle aree difficili, come ha fatto il presidente Bola Tinubu, è una misura consueta ma non ha dato i risultati sperati.
La lotta al terrorismo non si può vincere se si continuano a nascondere i finanziatori di questi gruppi armati. Tinubu deve quindi avere una posizione chiara. Finché ampie parti del territorio nigeriano sfuggiranno al controllo dello stato, e nessuno si sentirà al sicuro, è un’illusione sperare che l’incubo possa finire. ◆ fsi
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Questo articolo è uscito sul numero 1642 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati