Quando il tuo paese ti priva di diritti e di tutte le protezioni, ti sta dicendo che non ti riconosce più. Altre volte, ti accorgi che sei tu a non riconoscere più il tuo paese. Le persone se ne vanno; le famiglie si disgregano lungo linee politiche; le amicizie vanno in frantumi; persone e istituzioni che un tempo godevano di un’ammirazione diffusa vengono denigrate e i cattivi di ieri sono santificati; volti familiari spariscono dalla sfera pubblica; prende piede un conformismo aggressivo; cambiano le condizioni materiali della vita.
La sospensione del programma del comico Jimmy Kimmel, tornato in onda il 23 settembre dopo essere stato fermo una settimana, ha segnalato proprio questo cambiamento di scenario. Le notizie ci dicono che gli Stati Uniti stanno diventando un paese diverso, autoritario. La televisione ce lo mostra: per qualche giorno sono spariti un volto e una voce familiari. Alcune persone il 19 settembre hanno acceso la televisione e si sono trovate a vedere una cerimonia commemorativa per Charlie Kirk, mentre si aspettavano di vedere un comico dare il benvenuto al suo prossimo ospite.
Secondo il governo statunitense noi persone trans non esistiamo. Eppure rappresentiamo un pericolo
Ciò che accomuna le numerose azioni dell’amministrazione Trump, dalle martellate ai servizi pubblici alla crudeltà dei raid contro gli immigrati, è che trasformano la quotidiana esperienza fisica, economica e psichica della vita. Trump sta plasmando il paese a sua immagine: volgare, ostile, gratuitamente perfido. L’attacco alla società civile, che la sua amministrazione intende intensificare nel nome di Charlie Kirk, fa parte di questo progetto. La società civile rende la vita più vivibile, ma il messaggio dell’amministrazione è che in questo paese non dovrebbe esserci più la società civile.
E neppure le persone trans. La posizione ufficiale del governo è che noi non esistiamo. Eppure, in qualche modo, costituiamo un pericolo per il paese. Il fatto che Kirk sia stato ucciso mentre rispondeva a una domanda sul fatto che tra gli autori di stragi c’è una maggioranza di persone trans (un’informazione falsa che Kirk aveva contribuito a diffondere) e la notizia che il sospettato dell’omicidio forse aveva un partner trans hanno accelerato questo processo di disconoscimento.
Il 15 settembre, prima di tornare da un fine settimana all’estero, ho fatto una ricerca dal mio telefono: “Persone trans famose”. Poi ho provato con “giornalisti transgender”, “professori transgender” e qualche altra ricerca simile. Il mio nome non spuntava. Questo è stato il mio modo inaccurato di misurare il rischio che qualcuno mi prenda di mira. Sembrava un rischio basso, anche dopo un fine settimana in cui Donald Trump e i suoi più importanti alleati hanno incolpato la sinistra in generale e le persone trans in particolare dell’assassinio di Kirk. Ok, ho pensato, posso tornare a casa, per ora.
La sensazione di avere i giorni contati nel mio paese mi è familiare. Dodici anni fa ho dovuto lasciare la Russia per proteggere la mia famiglia da una campagna che mirava a togliere i figli ai genitori lgbt. Da allora la Russia ha aggiunto le persone lgbt a una lista di “terroristi ed estremisti”. Altre liste – di “agenti stranieri” e “organizzazioni indesiderate” – sono per i giornalisti, i professori universitari, i mezzi di informazione e le università.
Per un po’ di tempo, dopo che la Russia ha emesso contro di me un mandato d’arresto in contumacia, ho avuto un incubo ricorrente: sono su un aereo per Mosca, e questo mi emoziona, finché non mi ricordo che appena sarò atterrato verranno ad arrestarmi.
Per essere ammessi negli Stati Uniti di Trump bisogna aderire alla sua aggressività, come ha fatto un numero crescente di università, tra cui la Columbia
La giornalista e scrittrice turca Ece Temelkuran, che oggi vive in esilio, descrive così il momento della presa di coscienza: “Mi trovavo in un gate dell’aeroporto di Tunisi, dopo aver parlato con il mio avvocato che mi aveva detto: ‘Oggi stanno arrestando decine di giornalisti. Prenditi una vacanza o qualcosa del genere. Non so, vai da qualche altra parte’. Io guardavo i passeggeri che si stavano imbarcando per Istanbul, e poi la mia carta d’imbarco. Mentre cercavo di cambiare il biglietto da casa mia a qualche altra parte, per la prima volta ho avuto l’impressione che la Turchia non fosse più il mio paese”. Questa è una citazione dal suo libro Come sfasciare un paese in sette mosse: la via che porta dal populismo alla dittatura (Bollati Boringhieri 2019).
Per essere ammessi negli Stati Uniti di Trump bisogna aderire alla sua aggressività, come ha fatto un numero crescente di università. La Columbia a New York e il Williams College a Williamstown, ad esempio, hanno issato le bandiere a mezz’asta in onore di Kirk. Nel frattempo l’università della California-Berkeley ha notificato a circa 160 tra studenti, personale della facoltà e dipendenti di aver segnalato i loro nomi al governo federale in relazione a “presunti episodi di antisemitismo”. La filosofa Judith Butler e lo storico del Medio Oriente Ussama Makdisi sono forse le uniche due persone ad aver ricevuto la notifica e ad aver parlato pubblicamente dell’email ricevuta. Butler ritiene che il silenzio degli altri sia un segnale di paura.
Queste persone hanno buoni motivi per essere spaventate. Negli ultimi otto mesi abbiamo imparato come sono usate queste liste: per esiliare studenti e professori dalle università del nostro paese e per dare un monito agli altri che i loro giorni di vita o di lavoro qui potrebbero essere contati. Per dire loro che, prendendo in prestito l’espressione dall’epoca della guerra fredda, sono anti-americani.
Una mia amica è finita nel mirino dell’amministrazione Trump. Le ho chiesto se il suo mondo si sia ristretto. Non esattamente, mi ha detto. “È come quello che succede quando muore una persona. Ci sarà sempre qualcuno che ti delude. E altre persone che si fanno vedere, avendo passato quello che hai passato tu”.
Qualcosa sta morendo: la sensazione di conoscere il nostro paese. Butler mi ha detto che quando hanno ricevuto la notifica via email dall’università di Berkeley facevano fatica a credere che l’università avesse potuto violare così pesantemente le sue procedure, venendo meno al dovere di proteggere la libertà accademica. Hanno fatto fatica a crederlo anche se hanno studiato i regimi autoritari. Anche se stanno scrivendo un libro su Franz Kafka e la legge. Nel romanzo di Kafka Il processo il protagonista viene arrestato e non saprà mai qual è stato il suo crimine. La lettera che Butler ha ricevuto dal consiglio dell’università non specificava per quale reato, se mai ce ne fosse uno, potrebbero essere indagati.
Ho cercato di pensare a dei precedenti storici, invece che romanzeschi, e mi è venuto in mente l’omicidio nel 1938 di un diplomatico nazista a Parigi da parte di un adolescente ebreo tedesco-polacco di nome Herschel Grynszpan.
Ci ho pensato perché è un omicidio; perché, come la maggior parte degli atti di violenza pubblica, lo commise un ragazzo; e perché fu un atto di disperazione. La famiglia di Grynszpan, rifiutata sia dalla Germania sia dalla Polonia, era bloccata in una regione di confine infernale a metà tra i due paesi insieme ad altre circa dodicimila persone. Grynszpan stava da un suo zio a Parigi, e non era in grado di aiutarli. Decise così di uccidere una persona che considerava un rappresentante di quella forza che stava tormentando i suoi cari. Se le informazioni diffuse finora dagli investigatori dello Utah si dimostreranno esatte, Tyler Robinson potrebbe aver vissuto una simile furia disperata.
L’azione di Grynszpan servì da pretesto per la Kristallnacht, la “notte dei cristalli”, un pogrom di stato nella Germania nazista durato due giorni. Nel corso di quell’episodio le autorità rastrellarono quasi trentamila ebrei: per la prima volta il regime conduceva arresti di massa e rinchiudeva persone nei campi di concentramento non per quello che presumibilmente avevano fatto, ma per quello che erano.
Ma la cosa che più mi fa sembrare adeguato questo parallelo è il nervosismo che provo nel tracciarlo. Il paragone sembra semplice: la persona uccisa era un rappresentante di un’ideologia piena d’odio, la persona che si presume l’abbia ucciso era un giovane delirante che potrebbe aver provato a contrastare quell’odio nel modo più distruttivo immaginabile. Eppure qualcosa nel panorama trasformato di questo paese mi dice che non dovrei scrivere queste cose. ◆ fdl
Questo articolo è stato scritto per il New York Times.
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Questo articolo è uscito sul numero 1633 di Internazionale, a pagina 43. Compra questo numero | Abbonati