La tecnica di editing genetico
crispr ha appena ricevuto il Nobel per la chimica, un riconoscimento sicuramente meritato. Il premio, però, non può essere assegnato a più di tre persone, ed è qui che la questione si fa interessante. La decisione di premiare la statunitense Jennifer Doudna e la francese Emmanuelle Charpentier, infatti, chiama in causa la geopolitica e i brevetti, contrapponendo la ricerca scientifica di base a quella applicata.

La tecnica crispr è un potente strumento che ha portato la biologia molecolare dall’era della macchina da scrivere a quella della videoscrittura. Permette ai ricercatori di selezionare una parte specifica di un gene per modificarla o cancellarla, o addirittura di aggiungere un gene estraneo. Modifiche che un tempo impegnavano i laboratori per anni oggi si fanno nel giro di pochi giorni e a un costo decisamente inferiore.

Emmanuelle Charpentier (a sinistra) e Jennifer Doudna nel 2015 (J.L. Cereijido, Epa/ANSA)

Gli albori della tecnica risalgono al 1987, quando il biologo molecolare Yoshizumi Ishino scopre una strana sequenza palindromica di dna nel batterio intestinale Escherichia coli. Sul momento, però, nessuno capisce a cosa serve.

Nel 2002, grazie ai progressi nel sequenziamento del dna, i ricercatori individuano sequenze palindromiche in quasi la metà dei batteri e nella maggior parte degli archei unicellulari. A questo punto, con più tessere del puzzle a disposizione, Francisco Mojica dell’università di Alicante e Ruud Jansen dell’università di Utrecht inventano l’acronimo crispr, che sta per clustered regularly interspaced short palindromic repeats (brevi ripetizioni palindromiche raggruppate e separate a intervalli regolari).

Quasi cinque anni dopo Eugene Koonin, del Centro nazionale per le informazioni biotecnologiche di Bethesda, nel Maryland, scopre che la strana sequenza di dna è il sistema difensivo del batterio, composto da due elementi. Il primo è una sequenza che funziona un po’ come un album fotografico dei nemici: sconfitto un invasore, il batterio gli taglia un pezzo di materiale genetico e lo conserva. Le foto segnaletiche sono separate da sequenze ripetute di dna che si leggono in entrambi i versi. Il secondo elemento è un’arma capace di stanare e distruggere, e ogni foto segnaletica ne ha una: si tratta di una proteina, chiamata cas e associata alle crispr. Queste proteine circolano nella cellula e quando incontrano una sequenza di materiale genetico che corrisponde alla foto segnaletica uccidono l’invasore.

Nel 2007 l’azienda alimentare danese Danisco conferma che il sistema crispr è il meccanismo difensivo dei batteri. Oggi molti i produttori di yogurt e formaggi aggiungono sequenze crispr alle colture per evitare che i loro prodotti causino infezioni virali.

Competenze complementari

Jennifer Doudna, biochimica dell’università della California a Berkeley, comincia a dedicarsi al sistema crispr nel 2006. Nel 2011, in occasione della conferenza dell’American society for microbiology a San Juan, Puerto Rico, conosce Emmanuelle Charpentier, che si occupa di una proteina associata al crispr chiamata cas9 al Laboratory for molecular infection medicine Sweden (Mims) dell’università di Umeå.

Doudna e Charpentier hanno competenze complementari. Passeggiando per il centro storico di San Juan, Charpentier dice a Doudna che la cas9 è capace d’individuare e tagliare la sequenza di dna corrispondente alla foto segnaletica . Incuriosita, la collega decide di studiare più a fondo il ruolo della proteina. Charpentier si occupa in particolare della cas9 dello Streptococcus pyogenes, che causa faringite streptococcica e fascite necrotizzante. Invece di spedire alla collega i pericolosi batteri, le invia il dna che codifica il crispr-cas9. Studiando le forbici molecolari di Charpentier, Doudna intuisce che il sistema batterico può essere usato per modificare il dna. Effettua qualche ritocco e trasforma il crispr-cas9 in uno strumento di editing genetico. Poi mette i risultati per iscritto e invia l’articolo alla rivista Science, che lo pubblica. Nel frattempo deposita una richiesta di brevetto per la tecnica di editing genetico crispr-cas9.

Anche Virginijus Siksnys, biologo molecolare dell’università di Vilnius, in Lituania, ha intuito le potenzialità del crispr e ha inviato un articolo alla rivista Cell. Il direttore, però, lo ha rifiutato. A quel punto Siksnys ha mandato l’articolo ai Proceedings of the National Academy of Sciences, prima della pubblicazione di quello di Doudna, ma il suo esce solo tre mesi dopo perché richiede alcune modifiche. Contemporaneamente anche Feng Zhang, professore di neuroscienze al Massachusetts institute of technology (Mit), sta usando il sistema crispr-cas9 per modificare il dna. Mentre gli altri ricercatori effettuano l’editing in soluzione, Zhang interviene direttamente sul dna delle cellule umane. Nel gennaio del 2013 pubblica a sua volta un articolo su Science. Anche se Doudna ha fatto la richiesta del brevetto sette mesi prima, Feng Zhang chiede ai suoi datori di lavoro, l’Mit e il Broad institute, di presentarne una a suo nome.

Sapendo che l’esame della richiesta di Doudna è in corso, gli avvocati del Broad pagano una tariffa aggiuntiva per accelerare la pratica e si aggiudicano il brevetto della tecnica crispr-cas9 prima di lei. Si apre così una battaglia legale che non si è ancora conclusa, ma sembra che Doudna stia vincendo nell’Unione europea e Zhang negli Stati Uniti.

La decisione di assegnare il Nobel a Doudna e Charpentier non dev’essere stata facile. Scegliendo loro invece di Feng Zhang, l’Accademia reale svedese delle scienze ha mandato un messaggio importante. Avrebbe potuto premiare tutti e tre, ma non l’ha fatto. È una sorta di dichiarazione per i giudici?

Fortunatamente gli scienziati che usano la tecnica crispr non sono toccati dalla battaglia legale perché si avvalgono dell’archivio open source Addgene. Ma ci potrebbero essere conseguenze negative per le applicazioni cliniche (trovare la cura, per esempio, a malattie genetiche come la fibrosi cistica e l’anemia falciforme), perché riguardano lo sfruttamento commerciale della tecnica.

Spesso la ricerca scientifica di base non va da nessuna parte. Spesso prende direzioni impreviste. A volte produce risultati entusiasmanti, come nel caso della tecnica crispr-cas9. Nata come uno strano palindromo genetico, e cresciuta grazie a yogurt e mozzarella, è sbocciata diventando un contestato strumento di editing genetico capace di vincere il Nobel. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1380 di Internazionale, a pagina 101. Compra questo numero | Abbonati