Ukhnaa Khurelsukh, l’ex primo ministro e candidato del Partito popolare mongolo (Mpp), ha riportato la più grande vittoria alle elezioni presidenziali degli ultimi trent’anni, da quando la Mongolia è una democrazia. Khurelsukh si è aggiudicato il 68 per cento dei voti, diventando il primo candidato a ricevere più dei due terzi delle preferenze. La vittoria schiacciante di Khurelsukh avviene però a fronte di un declino nell’affluenza alle urne che va avanti da tempo: in questa tornata elettorale è andato alle urne appena il 59 per cento degli aventi diritto.
Sodnomzundui Erdene, il candidato del Partito democratico (Pd) del presidente uscente, Khaltmaa Battulga, non è riuscito a superare il 6 per cento dei voti. Durante la campagna elettorale, l’Mpp ha puntato sulla risposta del suo governo alla pandemia. Alla fine di maggio la Mongolia aveva vaccinato più del 97 per cento della popolazione adulta (la metà con doppia dose). Poi però i contagi hanno ripreso a crescere sensibilmente e oggi il paese registra un numero di casi giornalieri paragonabile al picco di aprile, quando era in vigore un rigido lockdown.
Sei mesi tumultuosi
Con le elezioni si sono conclusi sei mesi tumultuosi nella politica mongola. A gennaio erano esplose le proteste per come il governo aveva gestito la pandemia, che avevano portato alle improvvise dimissioni del primo ministro Khurelsukh. Da subito in molti avevano sospettato che Khurelsukh si fosse dimesso non tanto per assumersi la responsabilità di fronte all’opinione pubblica, ma per poter essere il candidato dell’Mpp alle elezioni. Di sicuro è ciò che ha ottenuto.
Nel frattempo l’Mpp aveva approfittato della maggioranza schiacciante in parlamento per far approvare il limite di un solo mandato alla carica di presidente, eliminando così Battulga dalla corsa elettorale. Il presidente uscente, dal canto suo, aveva cercato invano di mettere al bando l’Mpp, accusandolo di abuso di potere con la complicità dell’esercito.
Il percorso del Pd è stato per mesi travagliato e incerto. Il partito sta ancora affrontando i postumi delle contestate elezioni interne per scegliere il candidato presidente, che si sono tenute a marzo. Un’ala del Pd, di cui fanno parte tutti i parlamentari del partito, voleva l’ex deputato Altankhuyag Norov, ma alla fine la commissione elettorale ha accettato Erdene come candidato del Pd. Mentre i fedelissimi del partito, come l’ex presidente Tsakhia Elbegdorj e il deputato e sindaco di Ulan Bator Bat-Uul, hanno appoggiato pubblicamente Erdene, Battulga era contrario.
Era chiaro che il Pd avrebbe pagato care le scissioni interne. Erdene non solo è arrivato terzo, e molto lontano dalla seconda posizione, ma ha superato di poco il numero di schede nulle, un risultato attribuibile almeno in parte alla disillusione degli elettori del Pd, che hanno lasciato in bianco la scheda.
Novità all’opposizione
Il secondo posto, con il 20 per cento dei voti, è andato invece a Enkhbat Dangaasuren del Partito laburista nazionale (KhUn), una formazione fondata da poco. “Enkhbat ha registrato un grande sostegno sui social network, soprattutto tra i giovani e tra i mongoli che vivono all’estero”, spiegava l’analista Bolor Lkhaajav alla vigilia delle elezioni. “Enkhbat piace soprattutto perché non è un sodale dell’Mpp e del Pd”. Effettivamente Enkhbat ha ottenuto la maggior parte dei consensi tra gli elettori delle città. In alcuni dei quartieri più popolosi di Ulan Bator ha ricevuto più di un terzo dei voti, sottraendoli soprattutto a Erdene, che nella capitale ha avuto risultati peggiori che nel resto del paese.
Con la prestazione convincente di Enkhbat, il KhUn potrebbe sostituire il Pd come possibile primo partito d’opposizione. Per il momento però nessuna delle due forze politiche sembra poter seriamente sfidare l’Mpp.
Il grande divario emerso dal risultato elettorale alimenta il timore che la Mongolia stia andando verso un sistema a partito unico, in cui l’Mpp controlla saldamente sia il parlamento sia la presidenza. Il partito, tra l’altro, deve ancora rispondere in maniera convincente delle accuse di corruzione che gli sono state mosse.
L’elezione di Khurelsukh porta l’Mpp alla guida della Mongolia fino alle prossime elezioni parlamentari, previste per il 2024. Il mandato di Khurelsukh durerà sei anni e non sarà influenzato dalle ambizioni di una rielezione, dato il limite di un solo mandato appena introdotto. Per potersi candidare alle presidenziali si è dovuto dimettere da leader dell’Mpp, e al suo posto sarà nominato un nuovo segretario che dovrà condividere con lui il compito di definire la direzione strategica della Mongolia per i prossimi anni.
Tra Russia e Cina
Tra le questioni che Khurelsukh dovrà affrontare, una delle più importanti riguarda la linea di Ulan Bator in politica estera: seguirà la via tracciata da Battulga, che nelle relazioni internazionali si era concentrato quasi esclusivamente sulla Russia, riconoscendo a malapena la presenza incombente della Cina a sud, o tornerà all’internazionalismo che ha caratterizzato la politica estera della Mongolia negli ultimi trent’anni? Durante la campagna elettorale l’Mpp ha rilanciato “megaprogetti” per la raffinazione di risorse da destinare all’esportazione.
L’altra questione politica urgente a cui il presidente dovrà prestare attenzione è l’indipendenza del sistema giudiziario, cruciale per qualsiasi credibile iniziativa di contrasto alla corruzione. ◆ gim
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1414 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati