Un’istruzione scarsa, amicizie sbagliate, uso eccessivo dei social: secondo un sondaggio del governo tedesco sulla vita familiare, queste sono le preoccupazioni più diffuse tra i genitori tedeschi, oltre a una generica ansia per il futuro minacciato da crisi e guerre.

Proprio come non esiste una vita priva di rischi, non si può essere genitori senza avere dei pensieri, spiega Susanne Mudra, psichiatra infantile e adolescenziale al Policlinico universitario Amburgo-Eppendorf. “Avere paura per i propri figli è un istinto naturale ed è fondamentale per la sopravvivenza”. Dopo la nascita è normale concentrarsi completamente sui bisogni del bambino: “Se i nostri genitori non fossero stati in ansia, nessuno di noi sarebbe sopravvissuto. È una vigilanza continua che spinge le mamme e i papà a controllare costantemente se il loro bambino respira, se ha bevuto abbastanza, se è al sicuro”.

Il senso del pericolo si comincia a sviluppare intorno ai quattro anni e la capacità di agire in maniera cauta solo verso i 14 anni, nel pieno della pubertà, un periodo in cui alla prudenza può facilmente sostituirsi una forma di impulsività che spinge verso comportamenti a rischio. Insomma, può darsi che i genitori non facciano così male a preoccuparsi.

I problemi, spiega Mudra, nascono quando la forte ansia dei genitori non diminuisce dopo i primi mesi di vita dei figli e si sviluppa una sofferenza legata a uno stato ansioso persistente, cioè quando la preoccupazione eccessiva logora i genitori e opprime i figli.

In una famiglia il peso dell’ansia dipende da vari fattori, spiega la psichiatra: “I modelli educativi possono variare, e anche molto, per ragioni culturali. Ma hanno un ruolo importante anche il temperamento e la personalità”. I genitori di figli particolarmente vivaci e spericolati possono essere sempre in allerta, pronti ad acchiapparli se dovessero cadere quando si arrampicano troppo in alto. Ma anche chi ha figli più timidi può sviluppare uno spiccato istinto di protezione. “Questi bambini e queste bambine avrebbero bisogno di incoraggiamento per rafforzare la fiducia in se stessi, mentre i genitori tendono ad allontanarli da qualsiasi pericolo”, osserva Mudra. Conta anche il contesto familiare: “È il primo figlio? Il parto è stato traumatico? In famiglia ci sono situazioni particolari, per esempio malattie mentali o fisiche?”.

Inoltre i periodi di stress possono alimentare l’ansia. “Non siamo esseri a una sola dimensione”, dice Mudra. “E alcune condizioni, come lo stress al lavoro, apprensione per altri familiari o situazioni particolarmente impegnative, incidono. Di tanto in tanto tutti i genitori finiscono in una spirale di ansia”.

Una reazione normale

Quello che si dovrebbe assolutamente evitare è mentire ai bambini, perché “se ne accorgono”, come dice la psicologa e terapeuta familiare Elisabeth Raffauf. Non bisogna imporre le proprie ansie ai figli ma, se emergono, è meglio ammetterle invece di provare a tenerle nascoste, soprattutto se si tratta di paure ragionevoli come la guerra o la crisi climatica. “Se ne sentono parlare o vedono delle immagini, i bambini possono spaventarsi. In questi casi è importante fargli capire che provare paura è una reazione normale, che anche gli adulti ce l’hanno e che possiamo parlarne per capire come contrastare insieme il senso d’impotenza”.

Analizzare le proprie preoccupazioni prima di scaricarle sui figli è importantissimo. “Se mi rendo conto di essere molto in ansia è meglio che mi confronti con altri adulti prima che con i miei figli”, spiega Raffauf, che ha pubblicato di recente il libro Angst (Paura). Condividere i pensieri spesso aiuta a ridimensionarli. Chi si rende conto di non riuscire a liberarsene potrebbe decidere di parlarne con il figlio o la figlia, dicendo: “Sono in ansia per te”, ma anche “mi fido di te e sono certo che ce la farai”.

Secondo Mudra può servire chiedersi se ci sono ragioni concrete per stare così in tensione, per esempio alcuni comportamenti del bambino o situazioni legate al suo contesto. “Il problema dell’ansia è che può portare a un circolo vizioso che a volte può essere transgenerazionale”, spiega la psichiatra. “A volte capita che all’interno di una famiglia le ansie si trasmettano di generazione in genera­zione”.

Ogni persona porta con sé un certo livello d’ansia. Magari per alcuni genitori può essere un sollievo rendersi conto che il mondo non è così minaccioso, che il tragitto per andare a scuola non è così pericoloso, che il gioco su cui arrampicarsi non è troppo alto. In altri invece sapere che l’ansia è provocata da come percepiamo il mondo potrebbe far sviluppare dei sensi di colpa.

Mudra ha condotto uno studio a lungo termine sul rapporto tra i fattori infantili e genitoriali a partire dalla gravidanza, e ha trovato dei legami tra il carico psicologico dei genitori e i comportamenti dei figli. “Abbiamo osservato che i bambini piccoli di genitori iperprotettivi e già ansiosi prima del parto sono descritti come piuttosto insicuri e introversi, e presentano livelli d’ansia più alti fino alla scuola primaria”. Altri studi hanno concluso che negli ultimi anni lo stress dei genitori è aumentato e si ripercuote sui figli. Secondo uno studio del 2023, ci sarebbe un legame tra la diminuzione del gioco libero senza supervisione e il calo del benessere psichico infantile.

Secondo Mudra, però, è importante rendersi conto che “non importa che tipo di genitore sei: tutti possono attraversare dei periodi di preoccupazione. Fa parte dell’essere genitore”. Proprio come il fatto che, nonostante le preoccupazioni, le cose possono comunque andare storte. Bisogna imparare a gestire anche la frustrazione, perché: “Le cose non vanno esattamente come dovrebbero”.

Man mano che i figli crescono cambiano anche le paure dei genitori. Con un neonato controllano che respiri, con un bambino di due anni si preoccupano se va in giro da solo per il parco giochi e con uno di dodici la sfida più grande è lasciarlo andare. “Per ogni età ci sono paure diverse”, conclude Susanne Mudra. Secondo uno studio del 2017, i genitori passano notti insonni anche molto tempo dopo che i figli sono andati a vivere da soli. Ma proprio questo rende la genitorialità un’opportunità: “Ci aiuta a confrontarci giorno per giorno con il qui e l’ora”, con tutte le gioie e i rischi dello stare al mondo. ◆ sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati