tecnologia

Un’innovazione è davvero significativa se crea attività completamente nuove in grado d’influenzare la vita di milioni di persone. L’automobile ha reso possibili i motel e i centri commerciali, internet ha permesso la nascita del commercio elettronico e degli smartphone, il gps ha reso possibile il ride sharing, la condivisione di passaggi in auto. Quale attività economica in grado d’influenzare la vita di milioni di persone è stata resa possibile dalle criptovalute come il bitcoin? Gli automobilisti statunitensi ora lo sanno: il ransomware, un tipo di codice maligno grazie al quale un cibercriminale blocca l’accesso a un dispositivo e chiede un riscatto (ransom in inglese) per sbloccarlo e non divulgare i dati della vittima. La Colonial Pipeline ha pagato in criptovalute i criminali che all’inizio di maggio hanno messo offline una conduttura da cui passa il 45 per cento del carburante usato sulla costa orientale degli Stati Uniti. Pochi giorni dopo, la Tesla ha annunciato che non avrebbe più accettato il bitcoin come mezzo di pagamento per le sue automobili, perché l’elaborazione informatica necessaria per coniare criptovalute genera emissioni di anidride carbonica dannose per l’ambiente. Da questi due fatti si deduce che un’innovazione che avrebbe dovuto sostituire il dollaro come strumento di scambio si è dimostrata in larga misura inutile per comprare cose legali e di un’efficacia spaventosa nel facilitare le estorsioni.

La blockchain, la tecnologia alla base delle criptovalute, è più promettente

Siamo portati a pensare che un’innovazione sia sempre buona. Il benessere umano fa progressi grazie alla continua ricombinazione di materiali e muscoli in modi nuovi e creativi. Ogni innovazione ha il suo lato oscuro, ma pur tenendo conto degli incidenti automobilistici e delle frodi online è evidente che le automobili e internet hanno migliorato la nostra vita. C’è però una piccola lista d’innovazioni il cui contributo alla società è del tutto negativo: l’amianto, che oggi è vietato; le sigarette, che invece sono ancora con noi; il fentanyl, un potente oppioide sintetico ancora legale, che si usa contro dolori molto forti ma nelle sue versioni illegali sta seminando un’ondata di distruzione fatta di overdose, dipendenza e criminalità. Il bitcoin entrerà in questa lista? In realtà ci sono anche attività legali che prevedono transazioni con le criptovalute, ma non sono molte: la grande maggioranza del volume d’affari in criptovalute è generato dalle intermediazioni finanziarie e dalle speculazioni. Secondo l’azienda di criptosicurezza Chainanalysis, nel 2020 i commercianti hanno ricevuto 2,8 miliardi di dollari sotto forma di pagamenti in criptovalute, meno rispetto al 2017. Si stima però che le attività illegali ne abbiano ricevuti il 75 per cento in più: 4,9 miliardi di dollari nel 2020. Il settore che cresce di più è quello del ransomware: l’anno scorso si sono registrati pagamenti per 348 milioni di dollari, il quadruplo rispetto al 2019. Si tratta con ogni probabilità di una stima per difetto, perché molti riscatti non vengono denunciati. I costi reali sono molto più alti se si tiene conto del recupero dei dati, del blocco di attività produttive e del danno alla reputazione quando i cibercriminali pubblicano i dati rubati. A causa dell’attacco alla Colonial Pipeline, per esempio, molti statunitensi hanno pagato di più il carburante e hanno fatto file più lunghe ai distributori.

Informatici sottoccupati

A differenza di molte minacce informatiche, il ransomware è in gran parte un prodotto delle criptovalute. La Coveware, un’azienda che assiste le vittime di ransomware, attribuisce l’ascesa di quest’attività all’esistenza di un ampio bacino di informatici sottoccupati nell’area dell’ex Unione Sovietica; alla facilità con cui si accede ai software necessari per penetrare nei sistemi informatici e alle criptovalute. “Questi tre elementi (manodopera, valuta e materie prime) sono gli ingredienti principali che alimentano il settore della ciber-estorsione”, hanno scritto gli esperti della Coveware su un blog. Secondo l’amministratore delegato dell’azienda, Bill Siegel, il cento per cento dei riscatti è richiesto in criptovalute e rappresenta di solito la prima cripto-transazione delle vittime. Nonostante tutto, alcuni analisti continuano a essere ottimisti sul potenziale delle criptovalute. Lo stesso Siegel sostiene che “qualsiasi progetto con l’ambizione di sostituire la valuta legale avrà dei limiti e non esiste evoluzione senza dolore”.

Anche se le criptovalute non si sono dimostrate utili come strumento di scambio per chi rispetta la legge, la blockchain, cioè la tecnologia alla base delle criptovalute, è più promettente. Il sistema dei pagamenti elettronici attuale è a confronto lento, costoso e spesso controllato dalle grandi banche e dai gestori di carte di credito e di debito. Il suo uso può essere monitorato o bloccato dai governi a caccia di criminali, terroristi o oppositori politici. La blockchain potrebbe essere un’alternativa più veloce ed economica, soprattutto per chi ha a che fare con paesi dal sistema finanziario debole, inaffidabile, tormentato dall’inflazione o sottoposto alle sanzioni degli Stati Uniti. I pagamenti internazionali sono spesso uno dei grandi argomenti a favore delle stablecoin, criptovalute molto meno volatili perché legate a beni preziosi come i buoni del tesoro degli Stati Uniti. Tuttavia queste applicazioni non hanno neanche lontanamente raggiunto una diffusione tale da avere un ruolo importante nella vita dei consumatori. Tether, la stablecoin più popolare, è usata in larga misura per scambiare altre criptovalute, e quest’anno l’azienda che la emette ha patteggiato una condanna in una causa intentata dallo stato di New York che l’aveva accusata di aver saccheggiato le sue riserve. Il lancio di Diem (ex Libra), il progetto di stablecoin di Facebook, procede a rilento ed è avvolto dallo scetticismo delle autorità. Nel frattempo i sistemi basati sulle valute regolari sono al lavoro per correggere i loro difetti: le app cinesi Alipay e WeChat Pay sono veloci ed economiche perché aggirano le banche e le società che emettono carte di credito, e la banca centrale cinese ha appena lanciato una versione digitale dello yuan. La blockchain si sta lentamente facendo strada in altri ambiti: dal catasto ai token non fungibili (non fungible token, Nft), un tipo speciale di token crittografico concepito per fornire la rappresentazione digitale unica di un oggetto. Gli Nft stanno inondando il mercato dei pezzi da collezione. Tuttavia questo dimostra solo che possiamo avere i benefici della blockchain senza le criptovalute.

I difensori delle monete digitali sostengono che anche se non dovessero riuscire ad affermarsi come strumento di scambio, si sono comunque imposte come riserva di valore, come l’oro ma senza il fastidio di dover depositare un metallo. Il valore complessivo delle criptovalute ha toccato i duemila miliardi di dollari a maggio, più di tutti i dollari in circolazione. Potrebbe trattarsi di una bolla, ma le bolle non sono forse gli elementi caratteristici di qualsiasi innovazione finanziaria? La maggior parte delle innovazioni finanziarie però serve a finanziare qualcosa. Il Regno Unito conquistò una posizione di dominio economico globale perché i finanzieri di Londra prestavano denaro per imprese che nessun altro era disposto a sostenere. La bolla informatica ha finanziato le startup di internet. I mutui subprime hanno finanziato l’acquisto di case. Per lo più le criptovalute non finanziano investimenti tangibili.

Da sapere
Pechino contro il bitcoin

◆ Il 22 maggio 2021, pochi giorno dopo aver vietato le transazioni con le criptovalute, le autorità cinesi hanno lanciato una campagna contro il mining (estrazione), l’attività di emissione delle monete digitali, provocando un’ulteriore svalutazione del bitcoin e delle altre criptovalute. La Cina è il paese più attivo nel settore del mining, contribuendo al 65 per cento del bitcoin hash rate, un’unità di misura della potenza di calcolo per verificare le transazioni in bitcoin e produrre nuove monete. Le autorità della provincia della Mongolia Interna hanno diffuso un numero telefonico attraverso il quale i cittadini possono denunciare i “minatori” di criptovalute.
South China Morning Post


Infine, si ritiene che le criptovalute siano una protezione contro l’inflazione perché la loro emissione è di solito limitata. Questo però è vero solo se si considerano le singole valute. Se si analizza il settore nell’insieme, l’inflazione di criptovalute è dilagante: ora ce ne sono più di cinquemila. L’oro non ha mai dovuto affrontare la competizione di decine di nuovi metalli preziosi che arrivavano sul mercato ogni mese. È diventato una riserva di valore perché per gran parte della storia è stato anche uno strumento di scambio: un tempo le monete si coniavano con l’oro. Se le criptovalute non saranno accettate come strumento di scambio, sarà messa in dubbio anche la loro utilità come riserva di valore. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati