What if è un’espressione inglese traducibile con “e se”, “supponiamo che”. Il giornalismo ha un problema con questo “e se”, ha scritto Noah Hawley, sceneggiatore e produttore televisivo, sul mensile statunitense The Atlantic.
Hawley si riferisce agli Stati Uniti e a come i giornalisti si occupano di Donald Trump, ma il suo discorso vale anche per altri casi.
Anni fa Hawley fu colpito da un’intervista della Cnn a un politico repubblicano, Newt Gingrich. Rispondendo a un giornalista che gli faceva notare come nel paese i crimini fossero in calo, Gingrich disse che quella era solo un’opinione e che invece le persone “si sentivano più in pericolo”. Non che le sensazioni siano irrilevanti, ma la realtà e la sua percezione dovrebbero rimanere separate.
Poi Hawley ha notato un altro segnale dello scivolamento da un mondo basato sui fatti a uno di fantasia. Di solito prima succedevano le cose e poi arrivavano i complottisti, ma dopo il 6 gennaio la sequenza è cambiata: nello stesso momento in cui i sostenitori di Trump assaltavano il campidoglio, la rete tv Fox News sosteneva che gli assalitori erano invece militanti antifa.
Secondo Hawley sovrapporre fatti e finzioni è quello che fanno anche molti giornali con le loro ipotesi catastrofiche sull’arrivo di Trump al governo.
I motivi di preoccupazione sono tanti, ma se immaginare i possibili disastri è anche un modo per farsi trovare preparati, fare ipotesi e congetture non è il compito del giornalismo mentre è “quello che fa una persona ansiosa, che si preoccupa di tutti i modi in cui le cose potrebbero andare storte”, alimentando così il panico e la rabbia.
Un giorno, conclude Hawley, i libri di storia descriveranno cos’è successo realmente nel secondo mandato di Trump.
Poi arriveranno gli scrittori, alla ricerca di significati dopo aver riflettuto sulla realtà che avremo vissuto, sulle verità che avremo scoperto: “Fino ad allora, sarebbe meglio concentrarsi su quello che sta succedendo, non su quello che potrebbe succedere”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati