Africa, 1935. Personaggi realmente esistiti come il russo-etiope Mikhail Babitcheff, figlio di un militare russo, o l’etiope Cassa Darghié, cugino dell’imperatore Haile Selassie, convivono insieme a personaggi di finzione come un sergente maggiore britannico ricattato per debiti di gioco, un italiano antifascista, una ballerina egiziana e una bionda appartenente all’aristocrazia britannica. Sono tutti coinvolti in una missione segreta per portare due autoblindo agli abissini, come erano chiamati allora gli etiopi, proprio mentre Mussolini sta per scatenare l’invasione del loro paese. Un’instabilità sempre finemente sottolineata, uno stare sempre sul crinale mentre ci si muove in un deserto dalle molte insidie che impedisce di capire cosa stia accadendo nel folle mondo circostante: è scoppiata la guerra o no? Nel raccontare questa eterna sospensione, insieme alle celebri inquadrature oblique, i bianchi e neri contrastati malgrado i colori pastello, i volti incredibili e la voce narrante fuori campo, ironica e fatalista, emerge qui al suo meglio la capacità dell’autore di rendere indistinguibili i personaggi di finzione da quelli reali, tipico del grande romanzo storico. In questo capolavoro non riedito da tempo di uno dei maestri del fumetto d’autore italiano, la meravigliosa babele linguistica ed etnica è l’unica nota in positivo in un mondo dove la follia umana si confonde con la vanità.

Tutti i nessuno del mondo
Una storia che parla della guerra a Gaza, di carcere e della sensazione d’impotenza delle persone comuni di fronte al potere e alla violenza

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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 113. Compra questo numero | Abbonati