Robert Crumb, maestro del fumetto, oltre che figura di punta dell’underground statunitense degli anni sessanta e settanta, non è stato subito l’autore che proiettava con umorismo tanto esplosivo e disturbante quanto fanciullesco le proprie ansie e ossessioni sessuali, o che faceva esplodere la libidine repressa come terapia di società e smascherava l’ipocrisia del puritanesimo statunitense e le sue nevrosi, trasfigurando il tutto in bianco e nero con il suo segno dalla straordinaria energia plastica. Tra il 1962 e il 1963, quando aveva appena 19 anni, ed era ancora vergine, come precisa lo stesso autore nella prefazione alla prima riedizione del 1974, ebbe l’idea di costruire una fiaba per adulti, protagonista una rana saltellante, con i colori gioiosi, intensi e leggeri di una fiaba per i bambini, forse addirittura per i bambini più piccoli, fondendo tra loro favole celebri. Con l’obiettivo di trasfigurare il suo terrore inseparabile dal suo fascino pieno di desiderio per la donna “giunonica”, due opposti che sono lo specchio dell’americano medio che Crumb ha vivisezionato e destrutturato nella sua intera carriera. Qui è un bimbo, cioè un uomo immaturo e irrisolto, che vede la donna come un’orca divoratrice essendo incapace di vederla per quel che è realmente proprio perché lui non si accetta per quello che è. La morale della favola è chiara quanto la linea chiara dello stile di Crumb.
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Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati