Due elementi fondamentali contraddistinguono l’opera del francese Hervé Barulea, in arte Baru, figlio di operai di origini italiane. Il primo è l’attenzione agli emarginati e in particolare agli immigrati, elemento che condivide con la coppia argentina Muñoz e Sampayo. Il secondo è il movimento grafico, inteso come movimento della vita. Anzi potremmo definire il segno grafico di Baru come un segno della vita, tale è l’osmosi tra segno, movimento nelle tavole che diventa coreografico – sia il movimento dei corpi sia le singole vignette nell’architettura della tavola – ed energia vitale dello spirito popolare. Del resto, il segno molto personale dell’autore trae chiaramente origine dal fumetto popolare francofono. Dopo aver raccontato tante storie di finzione d’immigrati, finalmente Baru con la trilogia di Bella ciao racconta le origini familiari, con colori vivaci dopo un lungo prologo in bianco e nero (sulla terribile accoglienza riservata in Francia nell’ottocento agli immigrati italiani). E ne fa un grande esempio di fumetto sia d’autore sia popolare già da questo primo volume. Il racconto delle sorprendenti origini della canzone Bella ciao offre un ritratto vivido della comunità italiana in terra di Francia. Le tensioni e i conflitti che la attraversano (come l’adesione al comunismo o al fascismo) se rivelano lo sguardo freddo, sociologico e deterministico dell’autore, diventano qui lo splendido teatrino della vita.

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Questo articolo è uscito sul numero 1396 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati