Guillermo Lasso ha mandato all’aria tutte le previsioni elettorali. Anche se i sondaggi avevano previsto un testa a testa tra lui e Andrés Arauz (il delfino dell’ex presidente socialista Rafael Correa), l’ex banchiere e leader conservatore ha vinto il ballottaggio dell’11 aprile con un margine di cinque punti percentuali, ottenendo il 52,4 per cento delle preferenze. È un colpo durissimo per Correa, che ha seguito la campagna elettorale dal Belgio, dove risiede dal 2017. L’ex presidente, che nell’aprile del 2020 è stato condannato in contumacia a otto anni di carcere per corruzione, aveva puntato tutto su Arauz. Il trionfo di Lasso ha anche delle ripercussioni a livello regionale, perché frena la svolta a sinistra avviata in Sudamerica con le vittorie del peronista Alberto Fernández in Argentina e del socialista Luis Arce in Bolivia.
“Il prossimo 24 maggio raccoglieremo con responsabilità la sfida di cambiare l’Ecuador”, ha detto Lasso. Il presidente eletto ha pronunciato un discorso carico di connotazioni religiose, inviti alla riconciliazione e prese di distanza dalle rivendicazioni del movimento femminista. Dio è stato una figura onnipresente nelle sue parole: “Ringrazio Dio per tutte le benedizioni che mi ha dato nella vita”; “chiedo a Dio di concederci la pazienza e la sicurezza per garantire la felicità agli ecuadoriani”; “che Dio benedica l’Ecuador”. Lasso ha anche fatto capire che in Ecuador non sarà possibile abortire in nessuna circostanza: “Parlo alle giovani donne incinte. Io e mia moglie vi proteggeremo, vi aiuteremo a finire gli studi e a seguire i corsi universitari”.
Errore di calcolo
La campagna elettorale era stata segnata da una forte divisione tra sostenitori e critici dell’ex presidente Correa. Dopo la vittoria Lasso ha smorzato i toni del confronto, ribadendo però l’autoritarismo del suo avversario politico. Senza citare direttamente Correa, ha invitato gli ecuadoriani a non aver paura di dissentire dal presidente: “Esprimete le vostre opinioni liberamente”, ha dichiarato prima di tendere una mano all’opposizione. “Non sono entrato in politica per arricchirmi né per perseguitare qualcuno”, ha precisato riferendosi alla condanna di Correa.
Mentre Lasso pronunciava il suo discorso, Arauz riconosceva la sconfitta in un albergo del centro di Quito. “È facile pensare che sia solo l’altro a generare le divisioni, ma questo è il momento della democrazia e di farla finita con la persecuzione politica. Signor Lasso, la invito a rispettare lo stato di diritto e a fare in modo che sostenere valori e princìpi diversi non diventi uno stigma. Non vogliamo che si continui ad arrestare e incarcerare gli ecuadoriani a causa di ciò che pensano”.
Anche se fisicamente lontano, Correa è stato sempre presente.
Rispetto al primo turno, Lasso ha guadagnato quasi 2,6 milioni di voti, mentre Arauz si è fermato a un milione di voti in più. L’errore di calcolo di Correa è stato enorme: Arauz, un economista di 36 anni, era un candidato quasi del tutto sconosciuto prima della campagna elettorale e la popolarità di Correa non è bastata a farlo vincere. Inoltre, per la sconfitta di Arauz è stato decisivo il voto degli ecuadoriani delusi dalla politica che al primo turno avevano dato il loro sostegno al partito indigenista Pachakutik, guidato dall’attivista per l’ambiente Yaku Pérez. A febbraio Pachakutik era stato votato da quasi due milioni di persone e i suoi candidati in parlamento hanno conquistato 13 delle 24 province del paese. A partire da maggio, quando cominceranno i lavori della nuova legislatura, l’indigenismo sarà la seconda forza parlamentare dell’Ecuador. Il fatto che invece di premiare Arauz il voto indigeno abbia privilegiato il conservatore Lasso, candidato per definizione lontano dalle rivendicazioni e dalle battaglie delle popolazioni native, deve preoccupare la corrente politica che fa capo a Correa.
Il movimento indigeno, che non divide la politica in sinistra e destra, è pronto per offrire un’alternativa che prescinda dall’ex presidente. Da parte sua Lasso dovrà negoziare con una forza emergente, che ha nelle sue mani la chiave della governabilità del paese. ◆ as
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati