**◆ **Fine estate. Mia nipote e io andiamo al mare per un sentiero stretto, lei con mascherina nera e un bikini blu sotto un abito rosso lungo fino ai sandali arancione, io con mascherina chirurgica stinta e uno stinto costume da bagno sotto una polo pure stinta. Ma oggi il sentiero si rivela affollato di allegri bagnanti senza mascherina che ci spintonano parlandoci quasi in bocca, e io divento nervoso, dico: torniamo a casa, niente mare. Mia nipote protesta, ha tre anni. Io, che ne ho quasi ottanta, la calmo promettendo che tireremo fuori la canoa dal casotto in giardino e navigheremo sull’erba. Ma se lei si rabbonisce, io incattivisco, ce l’ho col genere umano sempre pronto a specchiarsi in capi stupidi e feroci. Montiamo in canoa, salpiamo e filiamo per un mare in tempesta, facendo venti e marosi con la bocca. Avvisto un grande pesce malefico, le dico: passami la fiocina. Lei chiede cos’è la fiocina, le indico una canna di bambù che abbiamo con noi. Me la passa, colpisco più volte uno dei suoi sandali arancione, zac zac. Siamo bestie stupide, intanto penso, altro che signori dell’universo, altro che in marcia dopo l’uomo. E dico a mia nipote infilzando il suo sandalo e deponendolo nella canoa: ce l’abbiamo fatta, metti a posto la fiocina. Lei depone la canna nella canoa, chiede esaminando il sandalo: gli esce il sangue? Un pochino, dico. Mi guarda: possiamo curarlo?
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Questo articolo è uscito sul numero 1374 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati





