La Turchia ha vietato l’uso di criptovalute per l’acquisto di beni e servizi. Lo scopo ufficiale della misura è proteggere i consumatori dalla volatilità delle monete digitali e dalle attività illegali. Il 16 aprile la banca centrale turca ha pubblicato un regolamento che proibisce il loro uso diretto e indiretto nei pagamenti. In una dichiarazione dell’istituto si legge che l’uso anonimo delle monete virtuali “potrebbe provocare perdite non recuperabili” e “indebolire la fiducia nei metodi e negli strumenti usati attualmente per pagare”.

Il divieto potrebbe indebolire il boom delle criptovalute in corso nel paese. Secondo un rapporto pubblicato nel 2019 da Chainalysis, un’azienda statunitense specializzata in analisi sulle criptovalute, la Turchia ha il più alto volume di transazioni con monete digitali del Medio Oriente, e occupa il ventinovesimo posto a livello mondiale. Negli ultimi anni, infatti, i turchi hanno riversato molti soldi nelle monete digitali per sfuggire all’inflazione a due cifre che colpisce il paese e alla forte svalutazione della lira turca, che dall’inizio del 2019 è crollata del 34 per cento rispetto al dollaro.

Il successo delle criptovalute è stato ulteriormente facilitato dall’assenza di regole, una tendenza che caratterizza l’uso di questo strumento anche nel resto del mondo. Le misure della banca centrale turca arrivano mentre molti paesi stanno valutando la necessità di regolamentare le valute digitali, un’esigenza che spesso ricade nelle competenze di diversi organismi di controllo nazionali e supera i confini tra i singoli paesi. Negli Stati Uniti, per esempio, quest’anno le autorità fiscali hanno cominciato a raccogliere informazioni su utenti che fanno grandi transazioni usando le aziende specializzate nello scambio di criptovalute. Alla metà di aprile il bitcoin, la valuta digitale più importante del mondo, ha toccato un valore record di quasi 65mila dollari, mentre la Coinbase, una delle più importanti aziende per lo scambio di criptovalute, è stata quotata alla borsa statunitense e oggi ha un valore stimato di 64 miliardi di dollari.

La banca centrale turca è convinta che ci siano “rischi significativi” quando le valute digitali sono usate per effettuare i pagamenti perché non sono sottoposte ad alcun sistema di vigilanza, il loro valore è eccessivamente volatile, c’è il rischio che siano usate per attività illecite e le transazioni che le coinvolgono sono irrevocabili. Le autorità turche avevano già annunciato nuove norme. A marzo il ministro del tesoro si era detto preoccupato dalla crescita del settore.

Mancanza di chiarezza

Le regole della banca centrale turca non proibiscono il possesso di criptovalute se sono usate per fare investimenti. Ma secondo Wolfango Piccoli, copresidente della società di consulenza Teneo Intelligence, la nuova normativa non chiarisce bene in quali circostanze l’acquisto di un bene o di un titolo finanziario costituisca un pagamento. In ogni caso le banche sono escluse dal provvedimento, e questo significa che gli utenti possono comunque trasferire il denaro dai loro conti correnti bancari ad aziende specializzate nel cambio di criptovalute. “Le autorità turche cercano da tempo d’imporre un controllo al sistema dei pagamenti”, spiega Piccoli, riferendosi alla messa al bando per cinque anni di PayPal, il sistema di pagamenti online statunitense.

Il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha invitato i turchi a vendere le loro consistenti riserve di valuta straniera per rafforzare la lira turca, in particolare dopo che il licenziamento del governatore della banca centrale, deciso a marzo, ha spinto molti operatori finanziari a liquidare i loro investimenti in Turchia, preoccupati dalle ingerenze del governo nella politica monetaria. Il vero obiettivo della banca centrale, afferma Enver Erkan, economista capo della banca d’affari Tera Securities, “potrebbe essere proteggere il valore della lira turca e incanalare gli investimenti sulla borsa di Istanbul. Le monete digitali sono diventate un’alternativa seria all’oro, che è molto costoso, perché gli investitori turchi hanno paura del mercato azionario locale e del tasso di cambio imprevedibile”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1406 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati