Mentre in Italia si moltiplicano le violente dimostrazioni di forza dei militanti di estrema destra, i giovani di Fratelli d’Italia (Fdi) manifestano per l’ennesima volta la loro adesione alla memoria del regime di Benito Mussolini.

Il 31 ottobre è stato pubblicato sui social media un video girato davanti alla sede del partito di Giorgia Meloni a Parma. Prima delle acclamazioni in onore del “Duce”, dal locale si sentono i versi di Me ne frego, canzone simbolo del fascismo: “Ce ne freghiamo della galera, camicia nera trionferà. Se non trionfa sarà un bordello col manganello e le bombe a man!”.

Secondo la Gazzetta di Parma le immagini si riferiscono alla sera del 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma.

Fratelli d’Italia ha annunciato il commissariamento di quella sezione di Gioventù nazionale, l’organizzazione giovanile del partito: “Tra noi non c’è posto per la nostalgia dei totalitarismi”, ha detto Giovanni Donzelli, deputato di Fdi. Meloni non ha detto nulla. Donzelli e altri dirigenti hanno accusato la sinistra di strumentalizzare la vicenda, che ricorda lo scandalo suscitato nel 2024 dalle rivelazioni del quotidiano online Fanpage sugli slogan e i saluti fascisti e hitleriani e sulle dichiarazioni razziste e antisemite all’interno di Gioventù nazionale, filmate da una giornalista infiltrata. All’epoca Meloni aveva richiamato all’ordine i dirigenti.

“Nonostante voglia sbarazzarsi dello stigma del fascismo, quel mondo politico conserva una cultura, una visione della storia e un folclore di stampo fascista, soprattutto nelle organizzazioni giovanili”, spiega Piero Ignazi, che insegna scienze politiche all’università di Bologna.

Il presidente del senato Ignazio La Russa, cofondatore di Fratelli d’Italia, conserva a casa sua un busto di Benito Mussolini. La presidente del consiglio non ha mai accettato di aderire all’antifascismo, pilastro storico e costituzionale della repubblica italiana, e preferisce riproporre la narrazione vittimista secondo cui i suoi sostenitori e lei stessa sarebbero stati esclusi dal sistema, una retorica erede del neofascismo degli anni settanta.

Da giovane Meloni ha elogiato Mussolini e riserva a Gioventù nazionale i discorsi più polarizzanti. In uno di questi, alla fine di settembre, ha tracciato un quadro apocalittico di un’Italia che deve affrontare una violenza di estrema sinistra. Da allora però la violenza è arrivata soprattutto dal suo versante politico.

Episodi inquietanti

Il 24 settembre alcuni persone che si sono dichiarate “fasciste” hanno aggredito un gruppo di omosessuali durante una festa vicino a Modena. Il 5 ottobre trenta neofascisti con caschi e bastoni hanno attaccato un bar dove si trovavano i partecipanti a una manifestazione per la Palestina.

L’11 ottobre a Cesena una quarantina di persone ha aggredito due uomini di origine straniera. Otto giorni dopo un autista di autobus che trasportava una squadra di basket è stato ucciso in un attacco condotto da hooligan di estrema destra nei pressi di Terni, mentre i tifosi della Juventus sfilavano con il braccio alzato e abiti neri alla stazione centrale di Milano.

Il 25 ottobre il giornalista Alessandro Sahebi è stato aggredito a Roma, mentre era con il figlio di sei mesi, da persone che gli rinfacciavano di indossare una felpa con la scritta “Azione antifascista”. Il giorno dopo una quarantina di neofascisti ha attaccato un liceo di Genova occupato da studenti di sinistra, disegnando croci uncinate sui muri. Un migliaio di neofascisti ha fatto il saluto romano sulla tomba di Mussolini a Predappio.

Pietro Castelli Gattinara, docente di comunicazione politica all’Università libera di Bruxelles e Caterina Froio, che insegna scienze politiche a Sciences po, a Parigi, hanno documentato il caso italiano: il successo elettorale legittima un attivismo radicale, esterno ma legato alle strutture giovanili di Fratelli d’Italia. “Meloni è molto vicina ai giovani militanti e li vuole mobilitare promuovendo il loro senso di appartenenza”, spiega Froio. “È una strategia rischiosa, ma lei è convinta di poter gestire la tensione tra il senso di responsabilità che vuole trasmettere in Europa e il radicalismo della sua base”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 37. Compra questo numero | Abbonati