Il 3 novembre a Sonsonate Norte, nel Salvador, è stato un giorno di festa: s’inaugurava la nuova scuola Profesor Jorge Lardé. All’evento c’era perfino il presidente, Nayib Bukele, che ha scelto quel luogo per esaltare il suo piano “Dos escuelas por día” (due scuole al giorno).
La Jorge Lardé fa parte di un “primo pacchetto” di ristrutturazioni (una settantina), finanziato con 61 milioni di dollari e destinato a undicimila studenti in sei province del paese centroamericano. In un video trasmesso a reti unificate, Bukele rivendica davanti ad alunni, genitori e insegnanti i successi del suo governo e aggiunge che sono in corso interventi su altri 254 centri scolastici.
“Dos escuelas por día” nasce nel maggio 2025 dopo le critiche per i ritardi di un piano precedente, “Mi nueva escuela” (La mia nuova scuola), che dal 2023 aveva rimesso a nuovo solo una minima parte dei cinquemila edifici totali. Secondo il Banco centroamericano de integración económica (Bcie), a marzo di quest’anno l’iniziativa aveva ricevuto il 15 per cento delle risorse previste: 31 milioni di dollari su 200.
Per rilanciarla, il governo ha coinvolto la direzione nazionale delle opere municipali e il ministero dei lavori pubblici (alcuni giornali, come La Prensa Gráfica, segnalano che nei cantieri sono impiegati detenuti che indossano magliette della Constructora El Salvador, un’azienda privata creata con fondi pubblici di cui non si sa quasi nulla). Da allora il sito ufficiale del piano riporta “l’apertura di due nuove strutture al giorno, anche nei fine settimana”.
O capitana!
Non è l’unica cosa che Bukele, leader autoritario al potere dal 2019, ha voluto fare per la scuola salvadoregna: il 14 agosto ha nominato ministra dell’istruzione una capitana dell’esercito. Karla Edith Trigueros ha giurato in uniforme e appena due giorni dopo ha imposto nuove regole per gli alunni: avere vestiti o divise impeccabili, portare gonne sotto il ginocchio, tenere i capelli in ordine, entrare in aula in silenzio salutando i maestri, intonare l’inno. Queste direttive hanno riempito i negozi dei barbieri di bambini e ragazzi, mentre ai cancelli i dirigenti scolastici controllano abbigliamento e modi: bisogna sempre dire “grazie” e “per favore”. Com’era prevedibile, i meme si sono scatenati.
Un preside di Chalchuapa, nel dipartimento di Santa Ana, racconta al sito nicaraguense Divergentes come sono cambiate le sue giornate dal 18 agosto, quando sono state introdotte le nuove norme. E si chiede: “Come possiamo pretendere vestiti e scarpe pulite in una zona rurale, dove il fango è ovunque nella stagione delle piogge. Dovremmo impedire agli studenti di entrare in classe per questo?”. La ministra ha stabilito che i dirigenti che non fanno rispettare le regole saranno sanzionati.
“Quello che il governo presenta come disciplina è interpretato da altri come una politica della paura, che impone obbedienza e normalizza l’autoritarismo”, scrive Divergentes. Secondo l’ong salvadoregna Cristosal (che opera in esilio), è “un ritorno alle pagine più buie della regione, mascherato da innovazione”.
Molti insegnanti sottolineano che le regole c’erano anche prima, ma ora si applicano “sotto minaccia”: se gli studenti non le rispettano sono espulsi, e loro perdono il posto.
Bukele ha difeso Trigueros (laureata in medicina e senza nessuna esperienza pedagogica), dicendo che “se vogliamo costruire il paese che meritiamo, dobbiamo rompere i paradigmi”. E ha chiarito che affidarsi a una ufficiale dell’esercito serve a “sradicare le bande criminali dalla società”. Per spiegarsi meglio, ha diffuso un vecchio video in cui si vedono alunni che imitano i gesti delle maras (le bande criminali). Per combattere la violenza di questi gruppi, nel 2022 il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza, che è tuttora in vigore.
Ma secondo l’Istituto per i diritti umani della Universidad Centroamericana (Idhuca) “dovrebbero scattare tutti gli allarmi”. E non solo perché negli ultimi cinquant’anni di storia del paese non era mai successo che una figura dell’esercito assumesse un incarico di governo (la costituzione lo vieta), ma perché la ministra sembra non distinguere l’ambito militare da quello civile: “svolge le sue funzioni indossando l’uniforme e imponendo una disciplina da caserma”, osserva l’Idhuca. “Trigueros non parla mai di rispetto tra pari, pensiero critico, costruzione collettiva, creatività, né di mettere l’infanzia e l’adolescenza al centro. L’obbedienza ha la priorità su tutto”. L’istituto avverte che il clima di intimidazione mira anche a neutralizzare il sindacato degli insegnanti, una delle poche voci indipendenti rimaste.
Questione di stile
L’ultima campagna patrocinata dalla ministra riguarda il linguaggio da usare in classe. In una nota rivolta ai presidi e condivisa su X, Trigueros scrive: “Parole come amigue, compañere, niñe, todos y todas, alumn@, jóvenxs, nosotrxs o qualsiasi altra deformazione linguistica che alluda all’ideologia di genere non saranno ammesse in nessuna circostanza”. Ma il prodotto più consistente di questa campagna è un “Manuale di stile e redazione”, di cui il sito salvadoregno El Faro ha pubblicato alcuni estratti a fine ottobre.
Il punto 29 del manuale fa una lista di parole che non devono mai essere usate “in documenti, guide, materiali o qualsiasi tipo di contenuto realizzato dal ministero dell’istruzione”. Tra i termini proibiti ci sono: inclusione (consentito solo in espressioni come “inclusione educativa” o se riferito a studenti con disabilità), genere (da sostituire con sesso), mascolinità, femminismo, diversità, orientamento sessuale e “qualsiasi allusione alla comunità lgbt”.
Il punto 30 impedisce ogni riferimento all’Agenda 2030 e agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, per evitare legami con programmi considerati “globalisti” (un richiamo all’idea per cui organismi internazionali o potenze straniere cercano d’imporre certe visioni del mondo, specialmente su temi come uguaglianza di genere, educazione sessuale o ambiente). Secondo il ministero, questo serve a “rendere più omogeneo e semplice il linguaggio ufficiale” e a “proteggere l’infanzia e l’adolescenza da ingerenze ideologiche”. In pratica, però, significa non parlare di cambiamento climatico in un paese regolarmente esposto a piogge estreme, terremoti ed eruzioni.
Per lo studioso Óscar Picardo, esperto di educazione, “è un cambiamento che non avevamo mai visto. In tutti questi anni di lavoro, non avevo mai saputo di un manuale di stile del ministero, e soprattutto non di uno pensato per esercitare un controllo sul pensiero”. Picardo ricorda che non è la prima volta che si tenta di limitare la discussione su certi temi: nella riforma del 1995 erano stati inclusi moduli di educazione sessuale; intervenne la conferenza episcopale, ma non riuscì a farli eliminare.
Intanto, tra il 2023 e il 2024 il numero di persone con più di dieci anni che non sanno leggere né scrivere è aumentato di oltre 19mila, arrivando a 522mila totali. “È come se il governo avesse smesso di investire nell’alfabetizzazione, aspettando che il problema sparisca da solo”, commenta il ricercatore.
- Un video di Divergentes spiega la storia della ministra Trigueros e le sue politiche, mentre El Faro nel suo podcast analizza con lo storico Héctor Lindo altri momenti in cui l’istruzione ha subìto le ingerenze dei militari e riassume le reazioni dei leader sindacali.
- Un’indagine di Voz Pública, sito salvadoregno specializzato in fact-checking, smentisce i dati sulla spesa pubblica per l’istruzione diffusi dal governo.
Questo testo è tratto dalla newsletter Doposcuola.
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