William Skeen è il primo violoncello della Philharmonia Baroque Orchestra di San Francisco e un esperto di prassi esecutiva storicamente informata. La sua registrazione delle sei suite per violoncello di Bach utilizza strumenti d’epoca: un modello di Giovanni Gracino del 1725 per le prime cinque e un violoncello piccolo italiano del 1680 circa, di origine anonima, per la sesta, oltre a una replica moderna di un archetto del 1720. Come molti altri interpreti filologici di queste opere, Skeen preferisce un’accordatura un semitono sotto l’intonazione standard e usa il vibrato con discrezione. Allo stesso tempo, le sue interpretazioni hanno una sensibilità moderna: i tempi sono ampi, mentre le dinamiche e il fraseggio hanno un sobrio tono colloquiale. Assaporate le sottili tensioni agogiche e il fraseggio a ritmi incrociati nel Preludio della quinta suite, la delicatezza eterea dell’Allemanda nella quarta o la varietà degli accenti della Giga nella prima. Mi sarebbe piaciuta un po’ più di audacia nell’ornamentazione, però la bellezza e l’autorità di queste esecuzioni sono veramente innegabili. Jed Distler, Classics Today
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Questo articolo è uscito sul numero 1636 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati