Il pil non basta a valutare il benessere reale di un paese: negli ultimi settant’anni è diventato la principale unità di misura del successo economico, ma ignora ambiente, equità sociale, salute e sostenibilità, valorizzando perfino attività dannose. Analizzando 35 indicatori sociali ed ecologici dal 2000 al 2022, gli economisti Andrew Fanning e Kate Raworth hanno evidenziato un paradosso: nonostante il pil mondiale sia raddoppiato, il 20 per cento dei paesi più ricchi (con il 15 per cento della popolazione mondiale) causa più del 40 per cento dei danni ambientali, mentre il 40 per cento dei paesi più poveri (con il 42 per cento della popolazione) subisce più del 60 per cento della deprivazione sociale. Per portare gli indicatori in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, concludono gli economisti, la soluzione è duplice: trovare alternative valide al pil e orientarsi verso economie rigenerative e distributive, nazionali e internazionali, che coniughino benessere umano e salute del pianeta. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1635 di Internazionale, a pagina 105. Compra questo numero | Abbonati