Il 4 maggio un candidato xenofobo, simpatizzante di Donald Trump e ostile all’Unione europea, ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali in Romania. Per i romeni è stata la seconda votazione in sei mesi, dopo che la corte costituzionale aveva annullato lo scrutinio di novembre per presunte interferenze russe. George Simion, 38 anni e leader dell’Alleanza per l’Unione dei romeni (Aur, estrema destra), ha avuto il 41 per cento dei voti, superando di gran lunga la percentuale di preferenze ottenute dal candidato filorusso Călin Georgescu (24 per cento) alle elezioni annullate.

Se Simion vincerà il ballottaggio del 18 maggio con il sindaco centrista di Bucarest Nicușor Dan, sarà il terzo capo di stato antieuropeo e sostenitore di Trump a sedersi al consiglio europeo, accanto all’ungherese Viktor Orbán e allo slovacco Robert Fico. Simion è noto per il suo passato di parlamentare aggressivo e ultrà del calcio, per le sue tesi negazioniste dell’Olocausto e l’idea che la Moldova e alcuni territori dell’Ucraina dovrebbero far parte della Romania. In campagna elettorale ha detto che vuole nominare primo ministro Georgescu.

La Romania evidentemente non ha subìto un contraccolpo dall’aggressiva politica estera della Casa Bianca, come è successo in Canada e Australia, dove gli elettori hanno scelto i candidati moderati per opporsi alla prepotenza del presidente statunitense. Al contrario, sembra che la situazione internazionale abbia consolidato il voto per l’estrema destra romena.

L’uso invasivo della tecnologia da parte delle formazioni populiste, con frequenti episodi d’ingerenza esterna, è ormai diffuso nelle democrazie parlamentari. Gli interventi degli organismi di controllo e dei tribunali possono essere utili, ma servono a poco se non si attacca alla radice la disaffezione dei cittadini che produce catastrofi interne e supera le frontiere: più del 60 per cento dei romeni che vivono all’estero ha votato per il candidato ultranazionalista

È dovere di tutti cercare di capire come mai in Romania, un paese tra i più favoriti dalla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea, stia crescendo il voto per i partiti che vogliono cancellare l’Unione come comunità politica sovranazionale fondata sullo stato sociale e lo stato di diritto. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati