Paula Modersohn-Becker fu la prima donna a dipingere un autoritratto di nudo nel 1906. Lavorava a ritmo febbrile, lamentando lo spreco dei suoi primi vent’anni di vita: nella sua penultima estate dipinse un quadro ogni quattro o cinque giorni. Regolarmente descritta come espressionista, i suoi quadri non somigliano a niente o a nessuno. Le sue donne sono rudi ed esatte, brillano di colori strani: è un Balthus in chiave femminista. Morì nel 1907 all’età di 31 anni, dopo aver venduto solo tre quadri, lasciando dietro di sé una foresta di lettere e diari. Marie Darrieussecq, scrittrice francese nota soprattutto per il sorprendente romanzo d’esordio Troismi del 1996, scoprì per la prima volta Modersohn-Becker attraverso un’email finita nella posta indesiderata, illustrata con una piccola immagine di una donna che allatta. Era così inusuale che la lasciò senza fiato. Non riusciva a capire perché non conoscesse già quell’artista tedesca che dipingeva donne vere e comportamenti veri con una franchezza così sicura. Nelle mani di Darrieussecq la storia di Modersohn-Becker diventa una favola inquietante e stimolante che, in modo sorprendente, ricorda una versione tardo ottocentesca del memoir punk di Viv Albertine Vestiti musica ragazzi. Vite troncate, limiti inutili, rimane solo una cosa da fare: guardare le ragazze dipinte da Modersohn-Becker con le loro braccia sottili e le teste forti rivolte verso il cielo.
Olivia Laing, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati