Il modello standard della fisica delle particelle è una delle teorie scientifiche più autorevoli in circolazione. Ma è incompleta. Nel descrivere una serie di particelle fondamentali e le loro interazioni, infatti, esclude la forza di gravità e la misteriosa materia oscura (al momento percepibile solo grazie alla sua attrazione gravitazionale), e non spiega perché nell’universo esiste più materia che antimateria.
È per questo che da decenni i fisici cercano di ampliare il modello o, quantomeno, di scovare qualche risultato che permetta di farlo. Il 23 marzo, alla conferenza Rencontres de Moriond, in Francia, un team del Cern (il laboratorio di fisica delle particelle di Ginevra), ha affermato che forse ci siamo.
I dettagli sono misteriosi. La scoperta riguarda le particelle quark beauty (o quark bottom), che sono un elemento costitutivo di altre particelle chiamate mesoni B. Quando i quark beauty decadono, a volte tra le particelle figlie ci sono coppie di leptoni carichi (possono essere un elettrone e un positrone, che è il suo equivalente di antimateria, oppure due leptoni più pesanti, cioè un muone e un antimuone). Il modello standard prevede che le coppie siano in numero uguale, ma l’analisi dei risultati dell’esperimento Lhcb (Large hadron collider beauty), il rivelatore messo a punto per il Large hadron collider del Cern (Lhc, Grande collisore di adroni), indica che le coppie di elettroni-positroni sono più numerose di quelle dei muoni.
Se la scoperta fosse confermata, potrebbe essere la chiave che gli scienziati cercavano da tempo per aprire il modello standard e vedere cosa nasconde, magari una quinta forza della natura da aggiungere alla gravità, all’elettromagnetismo e alle forze nucleari forte e debole.
◆Il modello standard è la teoria fisica che racchiude la descrizione delle particelle e le loro interazioni in un’unica architettura. Comprende solo tre delle quattro interazioni fondamentali note: l’interazione elettromagnetica, alla base di fenomeni come l’elettricità, il magnetismo e la luce; l’interazione debole, responsabile della radioattività; e quella forte, che tiene insieme la materia. Sviluppato tra gli anni sessanta e settanta, il modello standard è per ora la teoria che funziona meglio per spiegare la realtà. Molte sue previsioni sono state verificate sperimentalmente con precisione, ma non è “la teoria del tutto” a cui aspirano i fisici. Non solo perché non comprende la forza di gravità, ma perché non rende conto dell’esistenza della materia e dell’energia oscura, che sembrano costituire più del 95 per cento del cosmo, e dell’asimmetria tra materia e antimateria nell’universo.
◆Il nuovo esperimento condotto al Cern di Ginevra sembra confermare un’anomalia che i fisici sospettano già da qualche anno. Il modello standard dice che, quando un certo tipo di particelle decade (cioè si trasforma in uno o più oggetti diversi), elettroni e muoni dovrebbero essere prodotti all’incirca alla stessa velocità. Ma il risultato dell’esperimento Lhcb suggerisce che non è così. I circa novecento ricercatori che partecipano all’esperimento hanno pubblicato i loro dati sulla piattaforma ArXiv, dove potranno essere esaminati dall’intera comunità scientifica. Hanno deciso di condividerli perché l’anomalia ha superato il livello 3-sigma di significatività statistica, che per convenzione indica un risultato “interessante”. Questo livello equivale a una probabilità su mille che i nuovi dati siano solo una coincidenza statistica. Ma per poter confermare la scoperta, che potrebbe implicare l’esistenza di una quinta forza della natura e aprire la strada a una nuova fisica, la soglia è molto più alta: il livello 5-sigma, pari a una probabilità su 3,5 milioni.–New Scientist, The Conversation
Gli scienziati coinvolti sono molto prudenti, almeno in pubblico. In base ai loro calcoli c’è solo una possibilità su mille che il risultato sia una coincidenza statistica: se in molti ambiti della scienza basterebbe a cantare vittoria, gli studiosi di fisica delle particelle sono più esigenti e ambiscono a una possibilità su tre milioni e mezzo. In privato, però, esultano. “Mentre guardavamo i risultati tremavamo dall’emozione”, racconta Mitesh Patel dell’Imperial college di Londra. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati