Lula contro Bolsonaro: potrebbe essere questa la sfida alle elezioni presidenziali del 2022 in Brasile. L’8 marzo, facendo cadere tutte le accuse contro Luiz Inácio Lula da Silva, la corte suprema brasiliana ha restituito all’ex presidente i suoi diritti politici. La sentenza non ha niente di sorprendente. Da anni la stampa raccontava le irregolarità dell’operazione anticorruzione _ lava jato_. E le rivelazioni del sito The Intercept lo hanno confermato: Lula è stato condannato e incarcerato senza prove concrete, con un processo per molti aspetti irregolare, che mirava probabilmente a escluderlo dalla politica.

Negli otto anni in cui Lula ha guidato il Brasile, dal 2003 al 2011, circa quaranta milioni di cittadini sono usciti dalla povertà. Quegli anni hanno segnato profondamente la storia del paese. Oggi Lula è l’unico politico abbastanza popolare da sperare di sconfiggere Jair Bolsonaro nel 2022. Il suo ritorno quindi è una buona notizia, dopo due anni di devastazione democratica, ambientale e sanitaria. Ma non dovrebbe essere considerato provvidenziale. Negli ultimi dieci anni la sinistra brasiliana non è riuscita a trovare un altro leader ed è costretta ad affidarsi di nuovo a Lula, che ha 75 anni ed è già stato candidato cinque volte. La sinistra brasiliana è anche a corto di programmi. Indebolito dagli scandali di corruzione, umiliato dalla destituzione di Dilma Rousseff nel 2016 e dalle condanne di Lula e tramortito dall’ascesa al potere di Bolsonaro, il Partito dei lavoratori (Pt) si è chiuso sulla difensiva, tenendosi lontano dal dibattito sulle idee. Eppure il Pt trarrebbe beneficio da un serio esame dei suoi 13 anni al potere. Gli errori della sua amministrazione sono stati vari, in particolare sul tema della corruzione. Gridare al complotto non dovrebbe impedire alla sinistra di riflettere sulle sue responsabilità nell’ascesa al potere di Bolsonaro.

Se si candiderà, Lula avrà di fronte sfide molto diverse. Il Brasile che ha guidato era un paese fiducioso, ottimista e in forte crescita, sostenuto dall’impennata dei prezzi delle materie prime, che poteva finanziare ambiziosi programmi sociali. Il Brasile che potrebbe riprendere in mano nel 2022 sarà un paese messo in ginocchio da anni di crisi economica e martoriato dal covid-19. Niente garantisce che il talento di Lula sarà all’altezza di questa tempesta. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1400 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati