Formatosi alla scuola sovietica, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov è un diplomatico esperto. Di solito informa i colleghi in visita a Mosca sui contenuti della conferenza stampa congiunta, ma il 5 febbraio non ha fatto questa cortesia a Josep Borrell, il capo della diplomazia dell’Unione europea, e per una buona ragione: la conferenza stampa era un’imboscata. La prima domanda ha tentato di spingere l’ex ministro spagnolo a condannare le sanzioni statunitensi contro Cuba. Borrell non ha saputo evitare il tranello. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Alla fine del suo incontro con Lavrov, Borrell ha scoperto attraverso i social network che Mosca aveva espulso tre diplomatici europei accusati di aver partecipato alle manifestazioni in sostegno di Alexei Navalnyj.

Più che un affronto, è un’umiliazione per l’ex ministro degli esteri spagnolo e un chiaro gesto di sfida nei confronti dell’Unione europea. Andandosi a infilare nella tana del lupo in un momento di estrema tensione, Borrell ha sottovalutato il cinismo del regime di Vladimir Putin e sopravvalutato la sua capacità di affrontarlo. L’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione pensava di poter esprimere la fermezza dell’Europa sulla vicenda di Navalnyj e sull’arresto di migliaia di manifestanti, e allo stesso tempo di poter parlare di cooperazione sul clima, sull’Artico e sul nucleare iraniano. Il problema è che per dialogare bisogna essere in due, e il governo russo ha dimostrato di non avere nessuna intenzione di farlo.

Questo chiarimento potrebbe rivelarsi utile. Il 7 febbraio Borrell ha constatato il fallimento della sua iniziativa, dichiarando che la Russia si è “sconnessa dall’Europa” e che “considera i valori democratici una minaccia esistenziale”. La priorità strategica di Mosca non è l’Europa ma la Cina, e l’Unione “dovrà trarre le dovute conclusioni” e “procedere unita e determinata”. Unità e determinazione sono due qualità che tradizionalmente mancano all’Unione quando si parla della Russia, ma dopo una lezione simile sono più necessarie che mai, sia per valutare la possibilità d’imporre nuove sanzioni sia su una svolta strategica nei rapporti con Mosca. ◆ mp

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Questo articolo è uscito sul numero 1396 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati