Anarchici, socialisti, antifascisti, sindacalisti, in generale persone considerate capaci di mettere in pericolo l’ordine costituito solo perché fuori dagli schemi, emarginate o ribelli. Tanti uomini e donne, a volte controllati dalle autorità italiane per il solo fatto di essere istruiti, o perché mogli o familiari di uomini considerati pericolosi. Dal 1872 al 1983 sono stati sorvegliati e schedati dalle questure perché giudicati potenzialmente “sovversivi”.
Le loro storie sono riemerse grazie a verbali di pedinamento, perquisizioni, fotografie segnaletiche, fogli di via, ritagli di giornale, descrizioni fisiche, carte d’identità e tessere di partito sequestrate. Ma anche attraverso lettere ad amici e familiari, in cui a volte traspariva la paura di essere controllati.
I loro ritratti e le loro vicende sono raccolte nel libro fotografico Sovversivi e sovversive. Storia, memoria e cura. Le immagini sono di Michele Lapini, mentre i testi sono curati da Francesca Delneri e Valentina Gabusi, storiche e funzionarie dell’archivio di stato di Bologna. Il volume esce per la casa editrice Pendragon il 29 aprile, in occasione dell’ottantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo.
Il progetto risale al 2004, quando la questura di Bologna ha chiesto di poter donare all’archivio della città i fascicoli del casellario politico locale, categoria A8, relativi alle “persone pericolose per la sicurezza dello stato”.
Sovversivi e sovversive si concentra in particolare su dodici storie. Come quella di Giuseppe Massarenti, una delle figure di spicco della lotta al fascismo, privato della libertà personale per molti anni, tra confino e internamento in manicomio. O di Edvige Campogrande, una donna lontana dagli stereotipi allora dominati. Oppure di Francesco Zanardi, il primo sindaco bolognese socialista, ricordato come il “sindaco del pane”. Tra le vicende ricostruite c’è anche quella Virginia Tabarroni, zia di Anteo Zamboni e sospettata di essere la mente dietro al fallito attentato a Benito Mussolini del 1926.
Una sezione è dedicata ai sovversivi di Grizzana Morandi, Monzuno e Marzabotto, zone protagoniste della strage nazista compiuta tra la fine di settembre e i primi di ottobre del 1944. Sono in tutto 192 i fascicoli di persone provenienti da quell’area. L’obiettivo del progetto è anche quello di mantenere vivo il ricordo di quello che è passato alla storia come eccidio di Monte Sole.
“La macchina fotografica ha catturato i documenti colti in tutta la loro bellezza e fragilità. Ma il suo sguardo è andato oltre, per mostrare al pubblico cosa accade dietro le quinte di un istituto culturale come l’archivio di stato di Bologna, il cui mandato istituzionale è quello di conservare e di valorizzare le fonti della storia, per renderle fruibili e sottrarle all’oblio”, hanno commentato i curatori del progetto.
Il progetto è sostenuto da Strategia fotografia 2024, promosso dalla direzione generale creatività contemporanea del ministero della cultura.
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