L’amministrazione Trump ha annunciato una nuova stretta contro l’immigrazione, sospendendo le domande d’ingresso presentate dai cittadini di 19 paesi tra i più poveri del mondo.
Questo nuovo inasprimento della politica migratoria degli Stati Uniti arriva pochi giorni dopo un attacco mortale contro un gruppo di soldati della guardia nazionale a Washington, compiuto da un cittadino afgano.
D’ora in poi nessuna richiesta di green card, il permesso di soggiorno permanente negli Stati Uniti, o di naturalizzazione presentata dai cittadini di 19 paesi sarà più esaminata, secondo un memorandum pubblicato il 2 dicembre dallo United States citizenship and immigration services (Uscis), un’agenzia federale.
È stato anche sospeso l’esame delle domande già presentate.
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Dopo l’attacco del 26 novembre il presidente statunitense Donald Trump aveva affermato di voler “sospendere definitivamente l’immigrazione da tutti i paesi del terzo mondo”.
Aveva anche promesso di “espellere chiunque non rappresenti una risorsa per gli Stati Uniti”, di “denaturalizzare i migranti che minacciano la sicurezza nazionale” e più in generale di “espellere tutti i cittadini stranieri che non sono compatibili con la civiltà occidentale”.
Tra i 19 paesi presenti nell’elenco ce ne sono 12 i cui cittadini erano già stati colpiti da un divieto d’ingresso a giugno (Afghanistan, Birmania, Ciad, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Repubblica del Congo, Somalia, Sudan e Yemen).
Gli altri sette sono Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela.
“L’Uscis svolgerà un ruolo fondamentale nell’impedire ai terroristi di entrare negli Stati Uniti”, si legge nel memorandum.
Il 1 dicembre la segretaria della sicurezza interna Kristi Noem aveva dichiarato sul social network X di aver raccomandato a Trump “un divieto totale d’ingresso per i cittadini di ogni dannato paese che inonda la nostra nazione di assassini e parassiti”.
Il 2 dicembre Trump ha lanciato a sua volta una violenta invettiva contro gli immigrati somali.
“Non li voglio nel nostro paese. Andremo nella direzione sbagliata se continueremo ad accogliere quest’immondizia”, ha dichiarato.
Jacob Frey, il sindaco di Minneapolis, che ospita una grande comunità somala, ha contestato le parole del presidente. “I nostri valori e il nostro impegno nei confronti della comunità somala, come di ogni comunità d’immigrati, rimarranno incrollabili”, ha affermato.