Il 24 novembre i paramilitari sudanesi delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno annunciato una tregua unilaterale di tre mesi per motivi umanitari, all’indomani del rifiuto dell’esercito regolare di una proposta internazionale di cessate il fuoco.
Dall’aprile 2023 il Sudan è insanguinato da una guerra tra l’esercito regolare, guidato dal capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan, e le Rsf, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo.
Il conflitto, in cui entrambe le parti sono accusate di gravi crimini, ha causato decine di migliaia di morti e costretto milioni di persone a lasciare le loro case, facendo precipitare il paese in quella che le Nazioni Unite hanno definito la “più grande crisi umanitaria del mondo”.
|
Iscriviti a Africana |
Cosa succede in Africa. A cura di Francesca Sibani. Ogni giovedì.
|
| Iscriviti |
|
Iscriviti a Africana
|
|
Cosa succede in Africa. A cura di Francesca Sibani. Ogni giovedì.
|
| Iscriviti |
Di recente l’inviato del presidente statunitense Donald Trump per l’Africa, Massad Boulos, aveva presentato una proposta di tregua a nome degli Stati Uniti, degli Emirati Arabi Uniti, dell’Arabia Saudita e dell’Egitto, i cui dettagli non sono stati resi noti.
“In risposta agli sforzi internazionali, e in particolare all’iniziativa del presidente Trump e degli stati mediatori, annunciamo una tregua umanitaria di tre mesi”, ha dichiarato Dagalo in un videomessaggio il 24 novembre.
Il giorno prima Al Burhan aveva respinto la proposta di tregua, definendola “inaccettabile” per il coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti, accusati di sostenere le Rsf.
Secondo il capo della giunta militare, “la proposta è la peggiore arrivata finora perché indebolisce le forze armate, scioglie le agenzie di sicurezza e non prevede il disarmo delle milizie”.
Al Burhan aveva poi invitato i cittadini desiderosi di difendere il loro paese a “raggiungere immediatamente la linea del fronte”.
“Ancora una volta il generale Al Burhan ha rifiutato una proposta di cessazione delle ostilità, confermando il suo comportamento ostruzionistico”, ha dichiarato il 24 novembre Reem al Hashimy, ministra di stato per la cooperazione internazionale degli Emirati Arabi Uniti.
Dall’inizio del conflitto Abu Dhabi è stata più volte accusata di fornire armi, uomini e carburante alle Rsf.
Intanto il 25 novembre l’ong Amnesty international ha accusato le Rsf di aver commesso “crimini di guerra”, tra cui esecuzioni extragiudiziali e stupri, durante la recente conquista di Al Fashir, il capoluogo del Darfur Settentrionale.