Il 13 ottobre, nel corso di un vertice a Sharm el Sheikh, in Egitto, il presidente statunitense Donald Trump ha proclamato un “giorno fantastico per il Medio Oriente” e firmato una dichiarazione il cui obiettivo è consolidare la tregua nella Striscia di Gaza, dopo uno scambio di ostaggi e prigionieri tra Israele e Hamas.
In precedenza, durante una visita lampo a Gerusalemme, Trump aveva annunciato davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, la “fine di un incubo”. “Non è solo la fine di una guerra. È la fine di un’era di terrore e morte”, aveva dichiarato, invitando i palestinesi ad “abbandonare per sempre la via del terrorismo”.
Nel quarto giorno di tregua nella Striscia di Gaza, devastata da due anni di guerra, Hamas ha liberato in due fasi i venti ostaggi vivi che erano ancora nelle sue mani, in cambio di 1.968 prigionieri palestinesi.
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Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
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Trump ha copresieduto con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi il vertice di Sharm el Sheikh, a cui hanno partecipato numerosi leader internazionali, ma non il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Hamas.
Insieme ai leader di Egitto, Qatar e Turchia ha firmato una dichiarazione sulla Striscia di Gaza che riafferma l’impegno comune a “perseguire una visione di pace” in Medio Oriente. Il documento, diffuso a fine giornata dalla Casa Bianca, si limita tuttavia a sottolineare la necessità di raggiungere una “pace duratura” tra Israele e i suoi vicini, compresi i palestinesi, senza spiegare come.
Sull’aereo di ritorno a Washington, Trump ha evitato di prendere posizione su una soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese. “Non voglio parlare di un unico stato, di un doppio stato o di due stati. Quel che conta è la ricostruzione di Gaza”.
Al Sisi ha annunciato che l’Egitto ospiterà una conferenza sulla ricostruzione di Gaza, senza però fornire una data precisa.
“È arrivato il momento di far entrare gli aiuti umanitari su vasta scala”, ha dichiarato il 13 ottobre in un comunicato Philippe Lazzarini, direttore generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa).
La prima fase del piano statunitense prevede – oltre alla tregua, al ritiro israeliano da alcune aree di Gaza e allo scambio tra ostaggi e prigionieri – la consegna dei corpi di altri 27 ostaggi morti in prigionia.
Il 13 ottobre l’esercito israeliano ha però riferito che solo quattro corpi sono stati consegnati attraverso il Comitato internazionale della croce rossa (Cicr).
La seconda fase, che deve ancora essere negoziata, prevede il disarmo di Hamas e il ritiro dell’esercito israeliano, ma anche la creazione di un “comitato di pace” presieduto da Trump per supervisionare un’amministrazione di transizione a Gaza.
Secondo i dati del ministero della salute di Hamas, considerati affidabili dalle Nazioni Unite, almeno 67.869 palestinesi, in grande maggioranza civili, sono morti nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza seguita all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Quest’ultimo aveva causato la morte di circa 1.200 persone in Israele.