Il 13 ottobre poco prima di mezzogiorno, l’esercito ha confermato la liberazione di un secondo gruppo di tredici ostaggi israeliani, gli ultimi prigionieri rimasti nella Striscia di Gaza. Al momento quindi tutti gli ostaggi del 7 ottobre sono stati liberati.

Pochi chilometri più a nord in mattinata i primi sette ostaggi erano già stati consegnati al Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) nella città di Gaza, durante il quarto giorno del cessate il fuoco tra Israele e Hamas.

Per questi venti israeliani, la tregua ha significato la fine di un incubo e di oltre due anni di prigionia (738 giorni) nelle mani di Hamas, dopo l’attacco senza precedenti condotto dai commando di questi miliziani contro Israele, il 7 ottobre 2023.

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Non è stata diffusa alcuna ripresa in diretta del momento in cui gli ostaggi sono stati consegnati al Cicr. A differenza di precedenti comunicati, “non ci sarà alcuna cerimonia o celebrazione pubblica”, ha dichiarato il giorno prima all’Afp una fonte vicina ad Hamas e ai negoziati, in conformità con il piano elaborato sotto l’egida degli Stati Uniti.

Prima dell’alba, a Deir el Balah, nel centro della Striscia di Gaza, file di autobus erano allineate davanti agli uffici del Cicr, come documentato dalle immagini di Afp.

Nelle ore successive, il forum delle famiglie degli ostaggi ha condiviso video e foto dei parenti di Matan Zangauker, Nimrod Cohen, Ariel e David Cunio, mentre facevano telefonate. Gli ostaggi apparivano sugli schermi dei telefoni, affiancati da combattenti con il volto completamente coperti, uno dei quali era armato.

“Torni a casa, amore mio, ti amo… Grazie a Dio stai tornando a casa, la guerra è finita”, sussurra Einav Zangauker a suo figlio Matan in uno di questi video. L’accordo prevedeva il ritorno in Israele degli ostaggi rapiti nella Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, quando furono rapite da Hamas 251 persone.

L’accordo prevede inoltre, in cambio degli ostaggi, il rilascio di 250 palestinesi detenuti per “ragioni di sicurezza” e di 1.700 palestinesi arrestati a Gaza dall’inizio della guerra.

Secondo l’esercito israeliano, i resti degli ostaggi deceduti potrebbero non essere restituiti entro il 13 ottobre. La portavoce del primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che un “organismo internazionale”, previsto nell’ambito del piano statunitense, dovrebbe aiutare a localizzarli.

Dopo aver incontrato Netanyahu, Donald Trump avrebbe dovuto parlare al parlamento israeliano e incontrare i parenti degli ostaggi. “La guerra è finita. Okay? Avete capito?”, ha dichiarato Trump mentre lasciava gli Stati Uniti il 12 ottobre.

Ma Hamas, il cui funzionario aveva affermato di prevedere una seconda fase “difficile” dei negoziati, ha invitato Donald Trump e i paesi mediatori a garantire che Israele non riprenda la guerra.

Il 13 ottobre il presidente americano si recherà a Sharm el Sheikh, in Egitto, per presiedere un vertice su Gaza con il suo omologo egiziano, Abdel Fattah al Sisi, a cui parteciperanno leader di oltre venti paesi e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Non saranno presenti né Netanyahu, né rappresentanti di Hamas, ma ci sarà il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas.

I paesi mediatori dell’accordo di cessate il fuoco dovranno firmare un documento che ne garantisca l’attuazione, secondo una fonte diplomatica, che ha affermato che questi paesi saranno “Stati Uniti, Egitto, Qatar e probabilmente la Turchia”.

Oltre al graduale ritiro già in corso dell’esercito israeliano, che controlla ancora il 53 per cento della Striscia di Gaza, il piano americano prevede la successiva esclusione di Hamas dal governo del territorio, dove ha preso il potere nel 2007 e la distruzione del suo arsenale bellico.