Il 6 ottobre, poche ore dopo aver annunciato la composizione del nuovo governo, il primo ministro francese Sébastien Lecornu si è dimesso, sottoposto a forti critiche e indebolito dalla fronda del partito Les republicains (Lr, centrodestra), guidato da Bruno Retailleau.
Lecornu, che alle 16 avrebbe dovuto presiedere il suo primo consiglio dei ministri, è andato nelle prime ore del mattino all’Eliseo per dimettersi. Macron, che lo aveva nominato il 9 settembre, ha accettato le sue dimissioni, secondo un comunicato della presidenza.
“Non c’erano le condizioni per andare avanti”, ha dichiarato poco dopo Lecornu davanti a Matignon, la sede del governo, denunciando gli “egosimi di parte” in un chiaro riferimento a Retailleau, che la sera del 5 ottobre aveva accelerato la sua caduta mettendo in discussione la partecipazione di Lr al nuovo esecutivo.
“I partiti continuano a ragionare come se ognuno di essi avesse la maggioranza assoluta”, ha aggiunto Lecornu, riconoscendo che la sua offerta di rinunciare all’articolo 49.3 della costituzione per restituire centralità al parlamento non è bastata.
Il governo Lecornu passerà alla storia come il più breve della quinta repubblica, con una durata di poco più di dodici ore. La sua caduta fa precipitare la Francia in una grave crisi politica.
Terzo primo ministro in un anno, dopo che lo scioglimento dell’assemblea nazionale nel giugno 2024 aveva prodotto un emiciclo ingovernabile, diviso in tre blocchi polarizzati, Lecornu, uno stretto alleato di Macron, si è trovato in una posizione di grande debolezza subito dopo aver annunciato il suo governo, composto da diciotto ministri, dodici dei quali confermati.
Irritato per un esecutivo che “non è di rottura come era stato promesso”, Retailleau, confermato ministro dell’interno, aveva reagito convocando una riunione urgente del partito, che si sarebbe dovuta tenere alle 11.30.
L’oggetto principale della rottura è stato il ritorno a sorpresa a ministro delle forze armate di Bruno Le Maire, che Lr considera responsabile delle difficoltà di bilancio degli ultimi anni, ma ha avuto un ruolo anche il numero dei ministri di Renaissance, la formazione di Macron, considerato eccessivo (dieci).
Il presidente del Rassemblement national (Rn, estrema destra), Jordan Bardella, ha reagito alle dimissioni di Lecornu invitando Macron a sciogliere l’assemblea nazionale e a indire le elezioni legislative anticipate.
“Non può esserci stabilità senza un ritorno alle urne”, ha aggiunto al suo arrivo alla sede del partito per discutere della situazione con Marine Le Pen. Le Pen ha definito lo scioglimento “inevitabile” e le dimissioni di Macron “auspicabili”.
Il leader di La France insoumise (Lfi, sinistra radicale), Jean-Luc Mélenchon, ha proposto di avviare con urgenza una procedura di destituzione del presidente della repubblica.