Il 19 giugno la polizia ungherese ha vietato il Pride del 28 giugno a Budapest, invocando una recente legge anti-lgbt+ promossa dal governo sovranista di Viktor Orbán, ma il sindaco di Budapest ha reagito confermando l’evento.
Nel testo della sua decisione, pubblicato su internet, la polizia afferma di agire “nell’ambito delle sue competenze in materia di raduni pubblici”.
Il documento fa riferimento a una legge approvata a marzo che vieta le parate del Pride. Secondo la legge, il Pride violerebbe una precedente legislazione del 2021 che vieta di “promuovere tra i minorenni l’omosessualità e la transizione di genere”. E menziona anche un emendamento costituzionale approvato ad aprile che sancisce “il primato su qualunque altro diritto di quello dei bambini ad avere un sano sviluppo fisico, mentale e morale”.
“Persone minorenni potrebbero essere esposte a comportamenti vietati sia in modo attivo, partecipando all’evento, sia in modo passivo, per il suo carattere pubblico”, ha dichiarato il capo della polizia. A sostegno di questa tesi, la polizia ha mostrato foto di persone omosessuali che si baciano durante i Pride degli ultimi anni.
Secondo le autorità, il Pride dovrebbe svolgersi in un luogo chiuso, vietando l’accesso ai minorenni.
Il sindaco progressista di Budapest Gergely Karácsony ha reagito alla decisione della polizia affermando che “non significa niente”. Secondo lui, il Pride è un “evento di competenza del comune” che non richiede un’autorizzazione speciale.
“Il 28 giugno il Pride si svolgerà regolarmente, punto e basta”, ha dichiarato, senza menzionare l’ipotesi di un ricorso alla corte suprema.
Pochi giorni fa Maté Hegedus, portavoce del Pride, aveva invocato “il diritto costituzionale a riunirsi pacificamente”.
Decine di eurodeputati ungheresi, tra cui Valérie Hayer e Terry Reintke, hanno annunciato la loro partecipazione al Pride per denunciare i provvedimenti illiberali e discriminatori di Orbán, accusato di autoritarismo.
Sarà presente a Budapest, per “difendere i valori europei”, anche Hadja Lahbib, la commissaria europea per la parità.
I partecipanti rischiano multe fino a cinquecento euro, che in caso “saranno devolute alla protezione dell’infanzia”, secondo le autorità.