I miliziani jihadisti hanno condotto due grandi attacchi il 1 e il 2 giugno contro l’esercito maliano, prima nel centro del paese e poi a Timbuctù (nord).

In un comunicato diffuso la sera del 2 giugno, l’esercito ha affermato di aver “sventato un tentativo d’infiltrazione dei terroristi in una base militare a Timbuctù”, la principale città del nord del paese, che i jihadisti avevano occupato per alcuni mesi nel 2012.

L’esercito ha aggiunto di aver “neutralizzato” 14 assalitori e di averne arrestati 31, senza precisare se ci fossero altre vittime.

Gli aggressori hanno anche lanciato delle granate contro l’aeroporto, senza però cercare di assumerne il controllo, “anche perché lì ci sono i russi”, ha proseguito l’esercito, riferendosi ai mercenari del gruppo Wagner, oggi chiamato Africa Corps.

Il 1 giugno i jihadisti avevano preso d’assalto una zona militare a Boulikessi, una delle più importanti del paese, causando la morte di almeno 30 soldati maliani, hanno riferito all’Afp fonti della sicurezza e un politico locale.

Secondo entrambe le fonti, i soldati uccisi potrebbero però essere molti di più, forse anche il doppio.

Dal 2012 il Mali deve affrontare la violenza dei gruppi jihadisti legati ad Al Qaeda e al gruppo Stato islamico.

Sia i jihadisti sia l’esercito, sostenuto dai combattenti delle compagnie private russe, sono accusati di commettere violenze contro i civili.

Il 13 maggio la giunta militare al potere in Mali aveva messo fuori legge “i partiti e le associazioni che svolgono attività di natura politica”, secondo un decreto letto alla tv di stato.

Lo scioglimento dei partiti è solo l’ultima di una serie di restrizioni delle libertà e dei diritti civili introdotte dalla giunta guidata da Assimi Goita, salito al potere dopo i due colpi di stato del 2020 e del 2021.

La giunta ha anche rotto la tradizionale alleanza con l’ex potenza coloniale francese, rivolgendosi invece alla Russia.