Gli aerei russi che entrano nello spazio aereo dei paesi della Nato vanno abbattuti? “Sì”, ha risposto senza esitazioni Donald Trump, visibilmente deluso dal suo “amico” Putin. Qualche ora prima, il segretario di stato statunitense Marco Rubio aveva precisato: “Sì, ma solo se attaccano”. La Germania, invece, ha messo in guardia sui pericoli di un’escalation.

Questa dissonanza su un tema rilevante come un atto di guerra solleva degli interrogativi. La Nato non ha già delle regole d’ingaggio stabilite per situazioni come queste? O è l’amministrazione Trump l’elemento perturbatore che manda in tilt i meccanismi più rodati?

Con il moltiplicarsi degli incidenti servono risposte certe e accettate da tutti gli stati dell’alleanza atlantica. Nelle ultime settimane gli aerei della Nato sono decollati a più riprese e le batterie anti-aeree sono state attivate contro le incursioni di droni e (in due casi) di aerei russi nello spazio aereo di vari paesi, tra cui la Polonia, la Romania e l’Estonia. Sono fatti gravi, e la risposta non è stata del tutto convincente.



Aprire il fuoco su un aereo russo, anche in caso di incursione dello spazio aereo di un paese della Nato, non è una decisione facile. C’è un precedente a cui tutti pensano: la Turchia, un paese dell’alleanza, nel 2015 colpì un jet russo Sukhoi che si era avventurato nel suo spazio aereo. La tensione, all’epoca, fu gestita da Putin ed Erdoğan, che hanno un rapporto personale molto speciale.

Ma con la guerra in Ucraina il contesto è molto diverso. Un incidente aereo tra forze della Nato e aviazione russa farebbe correre il rischio di una spirale pericolosa che tutti vogliono evitare fin dall’inizio dell’invasione russa, tre anni e mezzo fa.

Queste incursioni ripetute servono proprio a seminare confusione tra i paesi che sostengono l’Ucraina, più che a minacciarli militarmente. Le contraddizioni e la paura del conflitto sono precisamente ciò che Putin vuole alimentare tra i suoi avversari occidentali.

Ancora una volta sarà cruciale la posizione di Donald Trump. I paesi europei della Nato sono stati abituati per troppo tempo ad affidare le decisioni sulla sicurezza al “grande fratello” americano, al punto che oggi non hanno il coraggio di decidere da soli. E anche se dovessero emanciparsi da Washington, i loro eserciti dipendono pesantemente dalle informazioni e dalla copertura statunitense.

Le regole d’ingaggio, dunque, si decideranno a Washington. Da sette mesi Trump continua a cambiare idea sull’Ucraina e l’ultima svolta c’è stata il 23 settembre, dopo un incontro con Volodymyr Zelenskyj. Mentre prima spingeva l’Ucraina al compromesso, ora Trump si è convinto che Kiev abbia i mezzi per riconquistare i territori ceduti alla Russia. Lo pensa davvero o sta solo cercando di convincere Putin a mostrarsi più conciliante? Nessuno lo sa, neanche Zelenskyj, che ha confidato di essere rimasto sorpreso dal nuovo atteggiamento del presidente degli Stati Uniti.

A dispetto del suo quasi amore per Putin, da cui si aspettava una maggiore collaborazione per mettere fine alla guerra in Ucraina, Trump sarebbe quindi pronto a rischiare uno scontro aereo con un jet russo? Il sì pronunciato dal presidente statunitense non sarà sicuramente la sua ultima parola. Ma se fa sul serio, questo cambia totalmente la situazione al confine orientale dell’Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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