C’è stato un tempo in cui il presidente degli Stati Uniti si faceva chiamare “leader del mondo libero” e ogni anno il pianeta intero ascoltava con attenzione il suo discorso dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per scoprire quali erano le posizioni della prima potenza mondiale. Oggi non è più così: si ascolta Donald Trump come si assiste a uno spettacolo di cabaret, per sentire le battute.

Il suo discorso del 23 settembre passerà alla storia come uno dei più stravaganti pronunciati in una sala che pure ha visto il leader sovietico Nikita Chruščëv battere una scarpa sul tavolo e il palestinese Yasser Arafat impugnare un ramoscello d’ulivo. Ma Trump alle prese con il suggeritore elettronico rotto o mentre racconta di aver perso l’appalto per ristrutturare la sede delle Nazioni Unite con decorazioni di marmo vale tutti i comici del mondo.

Ma anche se il suo discorso ha fatto davvero ridere, la sostanza è molto più sinistra. Il presidente degli Stati Uniti ha brutalmente sfoderato il suo scetticismo sull’emergenza climatica e la sua radicale ostilità all’immigrazione, sminuendo l’autorità dell’Onu e facendo la predica al resto del mondo, a cominciare dagli alleati. L’unico a essersi meritato dei complimenti è stato Trump stesso, per i suoi risultati “senza precedenti”.

Guerra culturale

Certo non c’è da sorprendersi. In fondo conosciamo già le sue idee, anzi forse dovremmo dire le sue ossessioni. Ma di sicuro nessuno si aspettava che usasse l’assemblea delle Nazioni Unite per dire agli europei che andranno “all’inferno” accogliendo i migranti e lottando contro il cambiamento climatico.

Solo Donald Trump poteva sostenere, dalla principale tribuna del mondo, che il consenso scientifico sul clima è “una truffa”, che l’Accordo di Parigi sul clima è “una bufala” e che l’ambientalismo è “inutile”. E aggiungerci anche un elogio del carbone e delle energie fossili, insieme alla proposta di venderli al mondo intero.

Potremmo smontare punto per punto il lungo discorso di questo bizzarro venditore, ma perderemmo di vista l’essenziale, cioè che la leadership statunitense non esiste più. C’è solo una superpotenza disfunzionale che insegue le manie del suo presidente. Il problema è che il resto del mondo non sa ancora come regolarsi.

Il peso degli Stati Uniti è tale da impedire ai partner insultati di ignorarlo. Sperano ancora in un rigurgito di buon senso a Washington, magari nel sostegno all’Ucraina o nei rapporti commerciali. Il presidente francese Emmanuel Macron, per esempio, vorrebbe convincere gli Stati Uniti a partecipare alla sua iniziativa di pace, ma Trump nel suo discorso ha preferito la posizione israeliana sul riconoscimento della Palestina, chiamandolo un regalo per Hamas.

I governi europei non osano opporsi con più fermezza a questa amministrazione ostile. Ingoiano il rospo, come hanno fatto con l’accordo commerciale di questa estate. Non vogliono prendere atto delle conclusioni di un rapporto dello European council on foreign relations, un centro studi europeo secondo cui l’amministrazione Trump porta avanti una “guerra culturale” contro l’Europa liberale a beneficio dei suoi alleati ideologici di estrema destra.

Il rapporto invita gli europei a uno scatto di fermezza e dignità. Magari il discorso di Trump li farà svegliare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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