Pierluigi Longo

L’attualità vi butta giù di morale? Fossi in voi, cercherei consolazione in un ambito che non è mai inflazionato: la sessualità (sì, tiro l’acqua al mio mulino). Prendiamo la coppia. Solo un paio di generazioni fa, il matrimonio eterosessuale e monogamo era praticamente un obbligo. Qualsiasi deviazione era punita. Oggi, invece, disponiamo di un campo immenso di possibilità, i cui si ampliano in continuazione. La coppia è quando si vuole, come si vuole, con chi si vuole.

A questa apertura si accompagna un aumento delle nostre conoscenze. Grazie a un’infinità di tecniche di comunicazione, di armamentari, di parole, impariamo ad addomesticare le libertà appena acquisite. Il cambiamento è incontestabile: vent’anni fa, quando si optava per la coppia aperta, gli amici per prima cosa ci mettevano in guardia. Oggi ci chiedono che metodo usiamo.

Beninteso, su questo tema io sono di parte. La coppia aperta è la mia risposta a qualunque cosa. Crollo del desiderio? Provate la coppia aperta. Il coniuge vi tradisce? Coppia aperta. Crisi di mezza età, vacche magre, rottura del legamento crociato, disoccupazione, ondata di caldo? Coppia aperta. Per fortuna che ho solo una rubrica: come terapeuta di coppia farei dei disastri.

La mia posizione di parte è però corroborata dalle statistiche, come quelle pubblicate due settimane fa nel sondaggio realizzato da Ifop e Gleeden. Ne emerge che la coppia aperta, benché praticata da una minoranza, trova sempre più adepti. Il 15 per cento dei francesi ha già sperimentato la non esclusività nel corso della sua vita e oggi l’8 per cento dei francesi ha un rapporto non esclusivo.

Prevedibilmente, il fenomeno interessa gruppi di persone molto specifiche. Ci sono gli omosessuali e i bisessuali, le cui modalità relazionali influenzano il mondo eterosessuale. Ci sono i privilegiati, per i quali la coppia non è una necessità economica: il grosso delle relazioni aperte è costituito da persone laureate, benestanti o dirigenti. E da ultimo, la libertà amorosa colpisce un certo immaginario di sinistra: il partito preferito delle coppie aperte è infatti La France insoumise.

Non per tutti

Ma lasciamo da parte la sociologia e torniamo ai numeri. All’8 per cento delle coppie aperte esistenti vanno aggiunti i cosiddetti “simpatizzanti”: circa il 14 percento delle relazioni esclusive accetterebbe di aprirsi. Non è ancora uno tsunami, ma pur sempre un’ottima onda su cui fare surf.

A patto di conservare il senso delle proporzioni, visto che per il 61 per cento dei francesi il valore della coppia è ancora fuori questione – a riprova del fatto che la fedeltà sessuale continua ad avere grande importanza (specifico “sessuale” perché esistono tante forme di fedeltà quante ne esistono di tradimento). Sinceramente, io capisco sia le resistenze sia le inquietudini. La coppia aperta non fa per tutti. Se siete persone ansiose o malfidenti, o temete l’abbandono, meglio evitare di andarsi a schiantare.

Piccolo manuale sessuale per l’uomo femminista
In questi tempi di reazioni violente al femminismo, la sessualità è più che mai una zona di lotta, ma anche potenzialmente uno spazio di riparazione. Come coltivare la complicità? Come riscoprire il piacere e il rispetto reciproco?

Per gli altri, invece, trovo davvero inspiegabile l’attaccamento alla monogamia ferrea, nonché contrario allo spirito dei tempi. La nostra cultura dà valore all’esperienza, al cambiamento, all’incontro. Ci spinge a variare menù, interessi routine: perché non i partner sessuali?

Tanto più che, nelle coppie solide, la non esclusività ha l’effetto paradossale di “stabilizzare” la barca. Il partner più esigente nella relazione può andare a cercare altrove quando gli pare. Chiunque può tranquillizzarsi circa i propri poteri di seduzione. Il carico emotivo è ripartito tra vari confidenti. Grazie a tutte queste valvole di sfogo, la pentola a pressione coniugale non esplode.

Ed è proprio quello che svela il sondaggio di Ifop e Gleeden. Le coppie aperte sono più felici sessualmente e affettivamente rispetto alle coppie esclusive: l’89 per cento del campione è soddisfatto della propria decisione (donne in testa, con un lieve margine). Un terzo degli intervistati afferma che l’apertura della coppia ha migliorato il proprio rapporto, contro il 19 per cento che lo ha visto peggiorare (il campione restante non riferisce cambiamenti). La ciliegina sulla torta, però, è il fatto che oltre la metà degli intervistati dichiara un aumento del desiderio legato a questo tipo di accordo (in particolare, per due terzi delle donne).

Stabilire regole specifiche

Questa libertà si accompagna a una miriade di regole, che variano a seconda della coppia: indossare il preservativo con gli altri partner, non parlare delle proprie esperienze extraconiugali con amici e conoscenti (per chi fatica ad accettare), non portare a casa i partner, non andare a letto con gli amici, non rivedere più volte la stessa persona, non nominare i partner extraconiugali in presenza di quello legittimo…

Questi sono i paletti più frequenti, ma potremmo immaginarne altri, in base a una compartimentazione delle fantasie. Avremmo quindi le coppie chiuse “ma con eccezioni”: al signor X si permetterebbe di frequentare una dominatrix, ma unicamente per esprimere la sua indole sottomessa, mentre la signora X si tratterebbe fuori casa solo il sabato sera, ed esclusivamente per sfogare la sua voglia di orge. Ognuno disporrebbe di un giardino segreto, che assomiglierebbe più a un orticello che a una prateria.

Allo stesso modo, potremmo veder nascere delle aperture circoscritte nel tempo e nello spazio. Certe coppie si concedono storielle durante una villeggiatura o un seminario aziendale: ma allora perché non inventarsi degli anni sabbatici, o addirittura l’affido sessuale congiunto (una settimana sì e una no, solo alla missionaria)? E dato che le nostre vite erotiche sono innanzitutto dei percorsi, perché non rinegoziare le regole ogni primo dell’anno?

Quello che trovo interessante, in questo cumulo di regole e aggiustamenti, è che il menù fisso della monogamia si trasforma in un buffet à la carte, senza però che si ricada nell’indifferenza o nell’anarchia relazionale (modalità nella quale viene a mancare qualsiasi referente affettivo o sessuale stabile). Ci troviamo sempre in un mondo organizzato, ragionevole, segnato da confini: un mondo di coppie di Schrödinger, libere e insieme non libere, in cui i partner, come gatti affacciati sull’uscio, beneficiano di un legame rassicurante e al tempo stesso di piccole esposizioni al rischio.

Purtroppo, il sondaggio dell’Ifop non ci permette di conoscere la proporzione di coppie totalmente aperte, non sottoposte a regole né a rendiconti. Eppure esistono persone per le quali l’impegno è incompatibile con la nozione di frontiera, proprio come dei cowboy e delle cowgirl che finiscono sempre per tornare al saloon.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, come ben sapete. E nel caso della coppia aperta, da nuovi piaceri derivano nuove difficoltà, soprattutto in fatto di compatibilità, dato che oltre ad avere gli stessi obiettivi di vita e lo stesso modo di caricare la lavastoviglie, gli innamorati dovranno ormai aspirare allo stesso grado di apertura (a meno che non si accordino su regolamenti a doppio binario). Con tutte queste sfide da affrontare, a chi verrebbe ancora in mente di dire che la vita coniugale segna la fine delle avventure?

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