Quando nel settembre del 2000 andò in onda su Canale 5 la prima puntata del reality show Grande fratello il programma fu raccontato dalla stampa come un grande esperimento sociale. Daria Bignardi lo conduceva presentandosi come una sorta di psicologa-filosofa pop con il compito di aiutare il pubblico a decifrare le dinamiche sociali, umane e amorose tra i concorrenti chiusi in una casa videosorvegliata 24 ore su 24. Le domande che si facevano i telespettatori del 2000 erano: chi si sarebbe innamorato di chi? Chi avrebbe tradito chi? Chi avrebbe ceduto alle avance di chi?

Sono esattamente le stesse domande che il filosofo napoletano don Alfonso, uno dei protagonisti dell’opera buffa di Wolfgang Amadeus Mozart Così fan tutte, cercava di stimolare non solo negli altri personaggi ma anche nel pubblico un po’ distratto del Burgtheater di Vienna la sera del 26 gennaio 1790, quando l’opera andò in scena per la prima volta.

Così fan tutte, nonostante la musica di Mozart, non piacque: il libretto di Lorenzo Da Ponte (già collaboratore del compositore in successi come Le nozze di Figaro e Don Giovanni) fu considerato troppo leggero, se non addirittura licenzioso. Un dramma giocoso ambientato a Napoli (che per il pubblico della Vienna di fine settecento era qualcosa di simile a quella che per noi può essere la New York di Sex and the city), in cui due giovani uomini si travestono per capire se le loro fidanzate erano davvero così fedeli come dicevano, era troppo libertino e soprattutto illuminista con la sua non-morale finale per un pubblico che aveva già un piede nel più bacchettone e romantico ottocento.

Nessuno muore in Così fan tutte e i sensi di colpa durano lo spazio di un’aria o di un duetto. La non-morale della storia è affidata a un coro finale che dice: “Fortunato è l’uomo che prende ogni cosa pel buon verso, e tra i casi e le vicende da ragion guidar si fa”. Insomma le corna esistono e non possiamo farci niente, tanto vale prenderla con filosofia e farci guidare dal lume dell’intelligenza. Anche quella emotiva. L’opera infatti, dopo tanti inganni e batticuori, finisce in allegria con un doppio matrimonio.

Mix letale

Il titolo completo dell’ultimo capolavoro della coppia Mozart-Da Ponte è Così fan tutte, ossia la scuola degli amanti. E La scuola degli amanti è il nome del reality show in cui il regista canadese Robert Carsen ha deciso di ambientare la nuova produzione dell’opera in scena al Teatro alla Scala di Milano fino al 26 novembre. La direzione è del maestro britannico Alexander Soddy, mentre la scenografia rotante che ricostruisce una sorta di casa di bambole-studio tv e i costumi sono del portoghese Luis F. Carvalho.

La scuola degli amanti, con tanto di orrido cuoricino in 3d al posto della o, sembra essere un mix tra letale Grande fratello, Uomini e donne, Temptation island e, nel finale, Matrimonio a prima vista. Le due coppie – Fiordiligi (Elsa Dreisig) e Guglielmo (Luca Micheletti), e Dorabella (Nina Van Essen) e Ferrando (Giovanni Sala) – sono selezionate per una prova di fedeltà architettata dai due presentatori dello show, lo scaltro don Alfonso (Gerarld Finley) e l’ancora più intelligente Despina (una comicissima Sandrine Piau che in scena riesce a far rivivere la Simona Ventura dei giorni migliori).

Così fan tutte. (Vito Lorusso)

A dare sostanza e anima al mondo di questo Così fan tutte formato reality show c’è la straordinaria sinergia Mozart-Da Ponte, in grado di sostenere qualunque urto o provocazione teatrale: l’opera potrebbe essere ambientata anche su Marte e cantata sui pattini a rotelle, e funzionerebbe lo stesso. Regista e scenografo-costumista fanno del loro meglio per offrirci un’esperienza ultrapop da primi anni duemila, l’epoca d’oro della reality tv.

L’arredamento della casa è tutto in leziosi toni pastello, ravvivati da chiassosi divani blu elettrico e da cuscini e trapunte fucsia, i costumi sono estremamente filologici e ispirati ai colori sgargianti e ai materiali un po’ scadenti dei grandi marchi da centro commerciale. I lustrini fanno pensare a una vetrina natalizia di Zara, mentre gli abiti a fiori e i parei da bordo piscina sembrano saccheggiati da Primark. E quando entrano in scena Guglielmo e Ferrando nel loro travestimento da “nobili albanesi” che li rende irriconoscibili ci compaiono davanti due tronisti sosia di Raz Degan.

Lo studio

C’è accuratezza nella descrizione di un periodo molto preciso della tv: lo studio televisivo con il pubblico disposto ad anfiteatro, i flute di champagne sparsi un po’ ovunque e la piscina usata come passerella in modo molto consapevole da muscoli scolpiti e bikini vertiginosi, fra tatuaggi brutti, ciabatte e parei vedo non vedo.

Ogni tanto occhieggiano le telecamere che seguono ovunque i concorrenti sempre ben coscienti della loro presenza. Piccoli dettagli sono sparsi un po’ ovunque: nella stanza delle ragazze si sfogliano quelle riviste di moda maschile che tra anni novanta e duemila proponevano un modello di uomo sofisticato e metrosexual (GQ ben riconoscibile tra tutti), e nella stanza dei ragazzi circolano quelle riviste inglesi che in quel periodo cercavano di spacciare tette e culi come qualcosa di sofisticato e provocatorio (Arena ed FHM). In Italia erano gli anni d’oro dei calendari, forse l’ultimo sussulto commerciale di un’editoria periodica già votata al tramonto.

Così fan tutte. (Vito Lo Russo)

La scelta di definire in modo così chiaro l’estetica e l’ambientazione è la vera chiave di volta di questo Così fan tutte. I primi anni duemila hanno qualcosa di simile alla fine del settecento: si era sull’orlo di cambiamenti epocali e i costumi sessuali e le sensibilità stavano mutando. Mozart e Da Ponte stavano scrivendo mentre a Parigi era presa la Bastiglia.

Secoli dopo il pubblico italiano ha dovuto aspettare una settimana per vedere la seconda stagione del Grande fratello, visto che l’11 settembre 2001 c’era stato l’attacco alle torri gemelle. Nella Napoli di Mozart e Da Ponte le donne sono libere di fare le loro scelte e di innamorarsi di chi vogliono (anche sbagliando) e la seduzione sia maschile sia femminile è un’arte sottile, ben codificata e anche piuttosto pubblica.

Nei reality dei primi anni duemila i concorrenti sperimentano una sensazione che (non lo sanno ancora) sarebbe diventata comune nella nostra epoca: quella di recitare se stessi davanti a una videocamera 24 ore su 24. L’ingenuo Grande fratello del 2000-2001 era l’anticamera del capitalismo della sorveglianza, della performatività estrema e della monetizzazione del sé a cui ci siamo tutti assuefatti oggi.

Allo stesso modo, lo spumeggiante e libertino Così fan tutte è il canto del cigno di un settecento tanto grazioso quanto illuminista. Già dai primi dell’ottocento i quadrilateri amorosi si sarebbero risolti con struggimenti e suicidi, come succede nelle Affinità elettive di Goethe, uscito appena otto anni dopo l’opera di Mozart.

Il Così fan tutte di Carsen è sicuramente intelligente e molto divertente, ma nel far quadrare il libretto con la sua visione registica fa qualche taglio di troppo e in diversi momenti la scena è troppo caotica e affollata. In fondo una delle bellezze di quest’opera è proprio la simmetria geometrica neoclassica tra personaggi, scene, arie e concertati.

C’è però un momento in cui anche il reality La scuola degli amanti è costretto a fermarsi per lasciare tutta la scena alla musica. Siamo nel primo atto e Fiordiligi e Dorabella sono sul molo per salutare i fidanzati che fingono di partire da militari. Mentre la nave da guerra (che sembra uscita dal video di Cher per If i could turn back time) si allontana all’orizzonte, le due donne, insieme a don Afonso, intonano uno dei più bei terzetti mai composti: “Soave sia il vento”.

A quel punto scompare ogni artificio e rimangono tre voci meravigliose su un limbo turchese, trasportate da una brezza di violini appena pizzicati. E così è Mozart che ha comunque l’ultima parola.

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