Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Maxime, 25 anni.

Il primo giorno

“Forse era un primo maggio. Il tempo era bello e l’aria era fresca, un giorno da manifestazione. Il mondo dei sindacati lo conosco fin da bambino, andavo in corteo già nel passeggino, a sei mesi, con i miei genitori. Ho la mia bandiera sulle spalle, la macchina fotografica a tracolla. Sono abbastanza timido, un po’ geek, faccio fatica a stringere rapporti con le persone, ma la fotografia mi aiuta.

Sto facendo un piccolo reportage per il sindacato, scatto foto ai partecipanti. Il corteo arriva su un ponte sopra i canali di Strasburgo. Mi arrampico su un pilastro per fotografare un gruppo. La vedo, o meglio vedo il suo sguardo, uno sguardo bruno e verde, insondabile. Non riesco a capire se è gioioso o triste. Gli sguardi sono riflessi dell’anima, ma in questo caso c’è solo nebbia. Intorno ai suoi occhi tutto si sfoca, l’intera scena scompare, vedo solo lei.

È il classico colpo di fulmine, quel momento in cui tutto si blocca. Sono attratto, colpito, sospeso tra l’incomprensione e la curiosità. Ma lei non mi guarda, attraversa la strada e mi lascia lì, con la mia mancanza di coraggio, sul pilastro del ponte. La sera, dietro lo schermo, il riconoscimento facciale di Facebook compensa la mia codardia. Il software, dopo aver scansionato la foto del suo sguardo – in realtà una foto piuttosto banale – mi propone un profilo. Voglio taggarla e decido di scriverle una domanda piuttosto semplice: da quanto tempo manifesti con noi?

Nessuna ambiguità, un messaggio diretto, efficace. ‘Non cerco un’avventura, è inutile provarci’, mi risponde lei seccamente. Non mi aspettavo una risposta, figurarsi una risposta del genere. Non capisco la sua violenza, io sono un tipo gentile, un soldatino che cade sul fronte di tutti quegli uomini che l’hanno ferita e resa così diffidente. Ma rifiuto di pagare per gli altri, voglio mostrarle che non siamo tutti così. Lei è fredda, distante, imprevedibile.

Passo settimane a parlare con lei, le propongo di vederci, ma lei annulla tutto all’ultimo momento, mi mette continuamente alla prova. Io faccio fatica con il mio amore, alla fine riesco a vederla per scattarle delle foto per le strade di Strasburgo. Riesco a malapena a strapparle un sorriso, anche se continuo a ripeterle che non sono un pericolo, che è bella. Ogni tanto ci baciamo, le propongo di metterci insieme ma lei non mi risponde. La sera ne parla sui social facendo un sondaggio tra i suoi amici. La risposta arriva: sì, possiamo metterci insieme. ‘Non è male essere in coppia, sui social mi danno meno fastidio’, mi confesserà più tardi”.

L’ultimo giorno

“Sto soffocando. Ho una nuova amica, una che lei non controlla. Ci scriviamo spesso, è la mia confidente, posso raccontarle i miei problemi di coppia. Ma un giorno la mia ragazza apre il mio computer mentre non ci sono, si collega al mio account, legge i messaggi tra me e la mia amica e ha una crisi di gelosia. Mi invia messaggi terribili, questa volta però decido di non darle troppo peso, di non rovinarmi la giornata e così spengo il telefono.

La sera torno nel nostro appartamento. Lei è lì, sul divano, e sta urlando. Non prova a farmi restare, ma mi rinfaccia cose inventate. Sul tavolo ci sono dei piatti, delle posate, dei contenitori di plastica. Nel corso della discussione li lancerà contro di me. Da qualche tempo sono diventato un campione nella raccolta di oggetti volanti. Questa è la banalità delle sue crisi, il quotidiano della sua isteria e della mia incapacità di placare la situazione. Alla fine si stanca e va a dormire in camera, mentre io mi rilasso, stremato, sul divano.

La mattina dopo svuotiamo gli armadi, riempiamo borse di vestiti. Osservo passivamente la scena, come se fossi a teatro. Non ero innamorato di lei, ma della persona che poteva diventare. È piena di talento, ma la vita insieme a lei è impossibile. Mi dicevo in continuazione che sarebbe cambiata, aggrappato alle sue potenzialità. Cercavo di neutralizzare la persona violenta per far emergere l’altra, quella nascosta.

La mia piccola Peugeot 206 parte verso la casa dei suoi genitori, porto le borse sotto lo sguardo silenzioso di suo padre. Sulla porta lei crede ancora che ci rimetteremo insieme: ‘Meglio così, in questo modo potrò fare una selezione delle mie cose e ci sarà più spazio nell’appartamento quando tornerò’, mi dice. Sul momento non faccio troppo caso alla sua osservazione, penso che stia semplicemente negando la rottura. Per quanto mi riguarda provo sollievo e comincio un lavoro di ricostruzione.

Il mio percorso è subito interrotto da decine di messaggi aggressivi che impongono una risposta. Accuse lanciate come ami ai quali spesso abbocco. Con tutte le sue piccole ingiustizie cerca di riprendermi. Contatta i miei familiari, i miei amici, non mi lascia in pace. Eppure cerco di prendere le distanze, di definire i nostri scambi, di stabilire delle regole che lei vuole addirittura firmare: non più di tre messaggi al giorno, niente messaggi per più di tre giorni di fila e il divieto di parlare della mia nuova compagna. Ma questi limiti, in nome della sua sofferenza, continuerà a non rispettarli. Contatta la mia ragazza per diventare la sua migliore amica, si insinua ovunque.

Per quanto provi a bloccarla, continua a tornare, dalla porta, dalla finestra, dalle tubature. Per raggiungermi usa i numeri di amici comuni, ritrova su Facebook dei contatti che condividiamo, tesse la sua tela intorno a me. Cerco di presentare un esposto alla polizia. Ma i poliziotti fanno fatica a immaginare un ragazzo importunato dalla sua ex e parlano di accuse non abbastanza solide.

L’ultimo giorno della nostra storia è forse quello in cui, accompagnato dalla mia nuova compagna, i poliziotti accolgono finalmente il mio esposto. Al tempo stesso non voglio denunciarla, non voglio dare importanza a qualcuno che sta andando troppo oltre. Ho avuto un vero primo giorno, un bel colpo di fulmine. Ma non ho mai saputo se lei ha provato la stessa cosa. Non so se mi ha mai amato, anche se si batte ancora oggi per mantenere un legame. Non sono una persona che si impressiona facilmente, ma la follia può essere violenta”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.

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