In Europa lo sviluppo immobiliare, turistico e industriale consuma l’equivalente di seicento campi da calcio di suolo al giorno, rivela l’inchiesta Green to Grey, realizzata da un gruppo di giornalisti provenienti da undici paesi europei.

Gli autori dell’inchiesta hanno applicato per la prima volta su larga scala in Europa il metodo usato per monitorare la deforestazione in Amazzonia, basato sull’analisi delle immagini satellitari.

Hanno così scoperto che tra il 2018 e il 2023 in Europa sono stati consumati novemila chilometri quadrati di terra, una superficie pari a quella dell’isola di Cipro. Dei 1.500 chilometri quadrati persi ogni anno, 900 sono aree naturali e 600 terreni agricoli.

La Turchia è di gran lunga il paese con il consumo di suolo più elevato, con 1.860 chilometri quadrati scomparsi tra il 2018 e il 2023, seguita dalla Polonia e dalla Francia. L’Italia è al sesto posto, con 479 chilometri quadrati. In rapporto alla superficie gli stati più colpiti sono invece i Paesi Bassi e il Belgio.

Gran parte di questo sviluppo non è dettato da necessità essenziali come la costruzione di alloggi o infrastrutture, ma da progetti speculativi legati ai grandi capitali privati, come i resort turistici di lusso.

Molte di queste strutture sorgono su aree protette dalla rete europea Natura 2000, che dovrebbe tutelare gli ecosistemi più importanti del continente. Il sistema prevede la possibilità di costruire sulle aree designate se prevale l’interesse pubblico. Ma in molti casi gli stati hanno concesso eccezioni sulla base del semplice vantaggio economico.

È quello che è successo a Galé, sulla costa del Portogallo, dove trecento ettari di dune sabbiose protette sono stati distrutti per fare spazio al nuovo campo da golf di un complesso residenziale di lusso.

A Çaltılıdere, in Turchia, un’area umida protetta che ospitava fenicotteri e altri uccelli migratori è stata cancellata per costruire un cantiere per yacht di lusso.

Nel 2021 l’Unione europea ha sottoscritto l’impegno ad azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, in base al quale ogni nuovo terreno edificato dovrebbe essere compensato con il ripristino di una superficie equivalente altrove.

Ma l’obiettivo non è vincolante, e finora non sembra aver avuto un effetto significativo sul consumo di suolo.

Questo testo è tratto dalla newsletter Pianeta

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