Due bambini di due e quattro anni originari del Ghana sono morti stremati dalla fame e dalla sete, dopo essere rimasti per due giorni alla deriva nel mar Mediterraneo. Erano a bordo di un gommone con altre 63 persone, tutte partite dal porto libico di Zawiya il 7 maggio e soccorse la notte di sabato 10 maggio da un’imbarcazione umanitaria, a circa 60 miglia da Lampedusa, in acque internazionali. “Le salme di due bambini e quella di un uomo adulto sono arrivate a Lampedusa l’11 maggio”, conferma la Croce rossa in un comunicato.

Per sei sopravvissuti, tutti di origine subsahariana, sono stati necessari i controlli sanitari all’ambulatorio dell’isola, prima dell’ingresso nell’hotspot di Contrada Imbriacola. “È sempre difficile, davanti a notizie come queste, trovare parole adeguate. Tre vite sono state spezzate in un viaggio che avrebbe dovuto dare loro la speranza di un futuro migliore, lontano da pericoli e difficoltà”, ha commentato Rosario Valastro, presidente della Croce rossa italiana, che gestisce il centro di Contrada Imbriacola, dove attualmente sono presenti 305 ospiti, in seguito a un trasferimento di 166 persone a Porto Empedocle.

Le salme sono state portate nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana e saranno sottoposte a un’autopsia su disposizione della procura di Agrigento. Un’altra persona sarebbe dispersa.

“È intollerabile continuare questa conta senza fine di bambini morti per la nostra indifferenza. Pensare che due piccole vite sono state spezzate a causa della fame e della sete, a due passi di quella che avrebbe dovuto essere la terra dove poter crescere, è inaccettabile”, commenta Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children.Tra i superstiti ci sono tredici donne e due minori, provenienti da Gambia, Ghana, Niger, Sierra Leone, Nigeria e Togo.

Ai soccorritori hanno riferito che durante la traversata, nelle acque di ricerca e soccorso maltesi, un uomo si sarebbe gettato in acqua per cercare refrigerio, forse perché aveva delle ustioni causate dal contatto con il carburante e, a causa del mare agitato, non sarebbe riuscito più a risalire a bordo.

Dal 2014 sono quasi 32mila le persone morte o disperse nel Mediterraneo, cinquecento solo dall’inizio del 2025. Molte di loro erano bambini o adolescenti. Per questo Save the Children torna a sottolineare la necessità di attivare un sistema coordinato e strutturato di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e aprire canali regolari di accesso all’Unione europea.

L’ong Resqship, in un comunicato, ha ricostruito la dinamica del salvataggio il 10 maggio: l’equipaggio della Nadir ha ricevuto un messaggio radio da un aereo di Frontex che parlava di un’imbarcazione in difficoltà nella zona di ricerca e salvataggio maltese. Il gommone era partito tre giorni prima da Zawiya, in Libia, e il motore si era rotto.

Da quel momento l’imbarcazione era andata alla deriva, e quando la Nadir l’ha raggiunta intorno alle 16.30 era troppo tardi: “Abbiamo cominciato il salvataggio e ci sono stati consegnati due bambini senza vita”, ha riferito Rania, paramedico a bordo della Nadir. “Erano già morti il giorno prima, probabilmente di sete”.

Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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