I tagli agli aiuti allo sviluppo annunciati a febbraio dall’amministrazione di Donald Trump potrebbero spingere molte persone in Africa e in altre aree del mondo a mettersi in viaggio verso i paesi limitrofi e l’Europa, avvertono alcuni esperti, anche se non è ancora possibile quantificare le conseguenze di questa decisione.
In una dichiarazione la ministra tedesca per la cooperazione economica e lo sviluppo Svenja Schulze ha avvertito: “Una cosa è chiara: il ritiro degli Stati Uniti avrà conseguenze molto dolorose, soprattutto per alcuni dei paesi più poveri che dipendono dal sostegno statunitense”. Schulze ha aggiunto che né la Germania né l’Unione europea sono in grado di colmare i vuoti prodotti dai tagli. Nel 2024, per il terzo anno consecutivo nell’Unione europea, in Norvegia e in Svizzera sono state presentate complessivamente più di un milione di domande di asilo e ci si aspetta un aumento nei prossimi anni.
Il 28 marzo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha lanciato l’allarme: senza risorse adeguate, si stima che 12,8 milioni di rifugiati, tra cui 6,3 milioni di bambini, potrebbero rimanere senza interventi sanitari salvavita nel 2025, in un contesto in cui i migranti forzati sono in aumento da più di dieci anni e hanno raggiunto il numero record di 123 milioni di persone nel 2024. “L’attuale crisi dei finanziamenti umanitari, esacerbata dal calo della spesa sanitaria nei paesi che accolgono sta compromettendo la portata e la qualità dei programmi di salute pubblica e nutrizione per i rifugiati e le comunità ospitanti, interrompendo l’accesso ai servizi essenziali e aumentando il rischio di epidemie, malnutrizione, condizioni croniche non curate e problemi di salute mentale”, ha detto il portavoce dell’Unhcr Allen Maina.
“Quando il sostegno all’assistenza sanitaria per i rifugiati viene tagliato, questi ultimi saranno costretti a pagare di tasca propria e affronteranno difficoltà nell’accesso ai servizi pubblici, già in affanno, sovraccaricando cliniche e ospedali locali”. Con i tagli ai finanziamenti che colpiscono anche i “sistemi di approvvigionamento idrico, le strutture igienico-sanitarie e la gestione dei rifiuti, le epidemie di malattie infettive come colera, dissenteria, epatite e malaria potrebbero minacciare ampie popolazioni, con conseguenze mortali. La riduzione dei finanziamenti potrebbe annullare in modo significativo i progressi compiuti nelle risposte contro l’hiv”.
Per esempio, in Bangladesh circa un milione di rifugiati rohingya si trova ad affrontare “una grave crisi sanitaria a causa del blocco dei finanziamenti, che minaccia l’accesso ai servizi medici essenziali”; in Burundi “la sospensione dei programmi alimentari minaccia migliaia di bambini rifugiati sotto i cinque anni che potrebbero non ricevere un trattamento adeguato per la malnutrizione e, senza un ulteriore sostegno, si stima che diecimila donne rifugiate incinte potrebbero perdere l’accesso alle cure prenatali, aumentando il rischio di complicazioni e di morti materne”: nella Repubblica Democratica del Congo il sistema sanitario è “sull’orlo del collasso e le risorse finanziarie stanziate per il settore sono inadeguate a soddisfare le necessità urgenti”; in Etiopia, nella regione di Gambella, “i tagli ai finanziamenti hanno avuto un grave impatto sui servizi per l’alimentazione, portando alla chiusura delle operazioni in quattro dei sette siti per rifugiati a febbraio”.
La stima di 12,8 milioni di rifugiati “potenzialmente privi di assistenza sanitaria si basa su un’indagine condotta dal personale dell’Unhcr in tutti i paesi in cui l’agenzia porta avanti programmi sanitari. Ogni giorno in cui l’incertezza finanziaria si protrarrà aumenterà l’impatto sulle vite di milioni di uomini, donne e bambini in tutto il mondo che sono fuggiti dalle loro case per trovare sicurezza”. Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) subirà un taglio del 30 per cento dei finanziamenti quest’anno e dovrà licenziare seimila persone nel mondo. “La riduzione dei finanziamenti ha gravi ripercussioni sui migranti, aggravando le crisi umanitarie e indebolendo i sistemi di sostegno essenziali per le popolazioni sfollate”, ha affermato l’organizzazione in una nota il 18 marzo.
Secondo il sito Infomigrants, alcuni dei paesi in cui ci sarà più correlazione tra il taglio agli aiuti e la spinta alla migrazione saranno il Mali, la Siria, l’Afghanistan e il Senegal. Quest’ultimo potrebbe essere tra i più colpiti dai tagli: già punto di partenza per migliaia di persone che tentano di entrare in Europa attraverso le isole Canarie, appartenenti alla Spagna, potrebbe vedere un aumento di questi flussi nei prossimi anni.
Nel 2024 nel paese dell’Africa occidentale la maggior parte dei fondi stanziati dall’agenzia statunitense Usaid, pari a circa 17 milioni di dollari, è stata destinata a un programma agricolo e di sicurezza alimentare per alleviare la povertà. Nel 2025, 3,4 milioni di dollari sono stati stanziati per la Green recovery investment platform (Grip), un piano per stimolare la ripresa economica dopo la pandemia di covid-19. Dopo l’annuncio dei tagli, è stato chiuso il più importante programma di lotta alla malaria nel paese insieme a servizi fondamentali per la salute e la nutrizione dei bambini e delle loro madri. Si ipotizza che questo possa spingere nell’immediato un maggior numero di persone a migrare.
L’Unhcr stima che circa 5,5 milioni di persone nella regione del Sahel siano sfollate a causa dell’insicurezza causata dalla crisi climatica, che si interseca con l’instabilità politica nell’area. Il Mali, in particolare, sta vivendo un crescendo di violenza in seguito al colpo di stato del 2021. Come riportato dall’Associated press, i tagli agli aiuti statunitensi nel paese, che fornivano accesso ad acqua, cibo e servizi sanitari, potrebbero colpire oltre 270mila persone. Quest’anno, circa 1,8 milioni di dollari sono stati destinati a sostenere programmi di pace e sicurezza, ma è possibile che la diminuzione degli aiuti peggiori una situazione già critica.
In ogni caso, The New Humanitarian fa notare che gli aiuti erano già in diminuzione prima dell’annuncio dei tagli di Usaid. “I finanziamenti pubblici allo sviluppo sono diminuiti per la prima volta in cinque anni nel primo trimestre del 2024, secondo i dati preliminari pubblicati il 16 aprile dall’Organizzazione intergovernativa per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse)”.
In quel periodo i paesi dell’Ocse, in particolare quelli del nord del mondo, hanno versato 212,1 miliardi di dollari in aiuti allo sviluppo, inclusi circa 24,2 miliardi di dollari in aiuti umanitari. Si tratta di un calo del 7,1 per cento degli aiuti allo sviluppo rispetto all’anno precedente, e del 9,6 per cento degli aiuti umanitari.
I finanziamenti, dunque, stavano diminuendo ben prima dell’annuncio dei tagli statunitensi del 2025, e già dal 2024 c’era una maggiore disponibilità per alcune aree più strategiche e meno attenzione per altre parti del mondo, con una mancanza di un coordinamento efficace e di una capacità di previsione dei flussi migratori.
Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.
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