Per capire perché agli urbanisti piacciono le biciclette, fermatevi su un tratto della via Saint Denis a Montréal, in Canada, e contate i veicoli che passano. In un giovedì soleggiato, all’ora di punta, in dieci minuti il vostro corrispondente ha visto passare in una sola direzione 132 biciclette (poco meno di una decina delle quali con bambini sul seggiolino). Nella corsia automobilistica accanto invece, molto più larga, 82 auto (quasi tutte con una sola persona a bordo) e un autobus urbano si muovevano a passo d’uomo.

L’arrivo di altre auto avrebbe creato un ingorgo. Mentre c’era ancora molto spazio sulla pista ciclabile, che a giugno è stata usata in un solo giorno da più di 14mila ciclisti. Nell’ultimo decennio, in particolare da quando Valérie Plante è stata eletta sindaca nel 2017, Montréal è diventata la principale città del Nordamerica per gli spostamenti in bici.

Nel quartiere di Platea, gli spostamenti in bicicletta sono un quinto del totale, solo poco meno di quelli in auto. In tutta la città, più di un terzo della popolazione va in bici almeno una volta alla settimana. L’uso del servizio di bike sharing cittadino, Bixi, dal 2019 è raddoppiato e l’anno scorso ha raggiunto i 13 milioni di spostamenti.

Il boom delle biciclette a Montréal è solo un esempio di come un nuovo sistema di trasporto stia rapidamente cambiando le città di tutto il mondo ricco. È altamente efficiente dal punto di vista energetico, non costa quasi nulla, riduce il traffico e l’inquinamento ed elimina la necessità di enormi parcheggi. E non è l’auto elettrica che si guida da sola, come immaginavano i magnati della tecnologia e i dirigenti dell’industria automobilistica. È invece l’umile bicicletta.

E come nel caso di qualsiasi tecnologia innovativa, con l’aumento delle persone che la usano e gli sforzi delle città per rendere quest’uso più piacevole, sta polarizzando l’opinione pubblica e scatenando guerre culturali.

Sebbene i robotaxi abbiano registrato una crescita impressionante, sembrano decisamente lenti rispetto alle molto più agili rivali a pedali. La Waymo, l’azienda di taxi a guida autonoma della Alphabet, proclama con orgoglio che le sue auto fanno circa 250mila viaggi alla settimana. Ma lo stesso numero di spostamenti a New York lo raggiunge ogni tre giorni il servizio di bike sharing.

Nella City, il distretto finanziario di Londra, i ciclisti ormai sono il doppio delle auto. Parigi, dove sono più numerosi degli automobilisti, sta raggiungendo le tradizionali capitali europee della bicicletta, Amsterdam e Copenaghen, anche se in queste città il fenomeno è ancora in crescita. Nella capitale danese, quasi la metà degli spostamenti dei pendolari per andare al lavoro e a scuola avviene pedalando.

Anche a Pechino, dove poco più di trent’anni fa la maggior parte delle biciclette era stata spinta fuori dalle strade per far posto alle auto, il numero di ciclisti è di nuovo in aumento. Solo che oggi è più probabile che usino una Brompton di lusso invece di una Flying Pigeon nera, l’onnipresente bici muscolare degli anni successivi alla rivoluzione comunista.

Anarchici in bicicletta
Nel 1967, Luud Schimmelpenninck, consigliere comunale di Amsterdam, presentò una proposta innovativa: perché non risolvere il problema del traffico con una flotta di biciclette gratuite? Dall’archivio di Internazionale.

Anche le ebike (di un certo tipo) sono in piena espansione nei paesi in via di sviluppo. A Dhaka, la capitale del Bangladesh, i risciò elettrici stanno rapidamente sostituendo quelli a benzina, e i moto-taxi elettrici stanno aumentando in molte città dell’Africa orientale.

Il primo motivo di questa rinascita dei pedali è stato il covid-19. Dopo lo scoppio della pandemia, le vendite di biciclette sono aumentate vertiginosamente perché i pendolari cercavano di evitare i trasporti pubblici, e le amministrazioni locali hanno creato le corsie ciclabili per incoraggiare il distanziamento sociale. In un sondaggio statunitense, il 18 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver comprato una bicicletta tra l’estate del 2019 e quella del 2020, molti per la prima volta in assoluto, contribuendo a un aumento del 16 per cento del numero medio settimanale di spostamenti a pedali. A Tokyo il 23 per cento degli uomini d’affari è passato alla bicicletta per andare al lavoro in modo da evitare la folla sui treni.

Il secondo motivo è stato il progresso tecnologico delle bici elettriche, che le ha rese più economiche e divertenti da guidare. La pedalata assistita ha invogliato anche chi non se la sente di infilarsi una tutina di lycra. Permette agli impiegati di presentarsi a una riunione senza sudare o doversi cambiare. Ed è particolarmente apprezzata da chi deve trasportare i bambini o la spesa, che altrimenti farebbe una bella fatica dovendo usare solo i muscoli. Le bici elettriche hanno anche accelerato enormemente l’uso dei servizi di bike sharing e li hanno resi un investimento redditizio. Gli utenti del servizio Divvy a Chicago, per esempio, usano le bici a batteria il 70 per cento in più delle bici “classiche”, anche se le prime sono molto più care.

Pedala chi è sicuro

Il terzo motivo del successo delle bici è la diffusione di infrastrutture a misura di bicicletta. I pedali hanno smesso di essere un mezzo di trasporto a metà del ventesimo secolo, non solo perché le auto erano più veloci e più comode, ma anche perché rendevano il ciclismo catastroficamente pericoloso. Nel 1950 almeno 805 ciclisti furono uccisi sulle strade del Regno Unito, dieci volte quelli uccisi l’anno scorso. Nel 1987 P.J. O’Rourke, un autore satirico statunitense, predisse scherzando che prima o poi i ciclisti si sarebbero “estinti” investiti dai camion. Purtroppo per gli automobilisti che odiano la bicicletta (ma per fortuna per tutti gli altri), non aveva previsto l’invenzione della pista ciclabile protetta.

Le ciclabili producono ciclisti perché eliminano in gran parte il rischio di essere schiacciati da conducenti di suv sconsiderati o aggressivi. I sondaggi mostrano che l’uso della bicci è più alto nei paesi in cui i ciclisti si sentono più sicuri. E ci sono poche cose che li rendono più sicuri di un percorso al riparo dalle auto. Una ciclabile è molto più economica da costruire di una linea metropolitana, e consente alle città di ridurre il traffico e di risparmiare incoraggiando le persone a passare da quattro ruote a due. “Se costruisci bene le piste e le disponi in una rete ciclabile in grado di competere con l’auto, le biciclette possono fare molto per ridurre il traffico”, afferma Brent Toderian, un ex urbanista di Vancouver.

A Montréal, Madeleine Giey, 37 anni, madre di tre figli, ne è un buon esempio. “Non avevo mai pedalato in città da bambina né da adulta”, dice. Ma da quando la città ha iniziato a costruire piste ciclabili, lei e il marito hanno venduto la loro seconda auto. Ora Giey usa la bicicletta ogni giorno per accompagnare i figli a scuola e poi andare al lavoro.

Sotto la guida di Valérie Plante, Montréal ha anche cominciato a chiudere intere strade alle auto durante l’estate, ne ha ristrette altre e ha ridotto i parcheggi. L’idea, dice la sindaca, non è di eliminare del tutto gli automobilisti, ma di farli rallentare, rendendo le strade più sicure per tutti, compresi i pedoni. E questo, aggiunge, fa bene agli affari (anche se molte aziende odiano ancora le piste ciclabili). Da quando è stata aperta la pista della via Saint Denis, i negozi chiusi sono dimezzati.

Eppure, le piste ciclabili più sicure sono spesso contrapposte alle auto in una battaglia all’ultimo sangue per lo spazio stradale e i parcheggi, mettendo ciclisti e automobilisti sui fronti opposti di una guerra culturale sempre più aspra. A Montréal le piste ciclabili occupano meno del 2 per cento dello spazio stradale (le auto sfruttano l’80 per cento e i pedoni il resto), ma sono state un tema centrale nella campagna per le elezioni del sindaco del 2 novembre.

Più di dieci anni fa Rob Ford, il fumatore di crack allora sindaco di Toronto, diffuse l’idea che fosse in corsa una “guerra alle auto”, e promise di tagliare i finanziamenti per la metropolitana leggera e di rimuovere le piste ciclabili. Il suo grido di battaglia è stato ripreso da politici populisti e di destra anche altrove. Nigel Farage, leader del Partito riformatore britannico, di estrema destra, considera i bassi limiti di velocità e le piste ciclabili una prova del “fanatismo anti-auto” woke. E sempre nel Regno Unito Richard Holden, segretario ombra ai trasporti, accusa il governo di “fare guerra agli automobilisti”.

Sadiq Khan, il sindaco di sinistra di Londra, dice che una delle sue scelte politiche più difficili è stata estendere la zona di aria pulita della città, perché ha ricevuto molte minacce di morte. A Berlino nel 2023, quando l’Unione cristiano-democratica conservatrice è salita al potere, ha immediatamente sospeso le nuove piste ciclabili programmate dai predecessori più a sinistra dello stesso partito.

Il fatto che la maggior parte delle aree ciclabili tenda a essere frequentata da giovani ricchi che votano per i partiti più di sinistra contribuisce ad alimentare il populismo. Negli Stati Unit, dopo l’insediamento di Donald Trump, il dipartimento dei trasporti ha ordinato una revisione di tutti i finanziamenti federali per progetti come le piste ciclabili destinati a ridurre l’uso di combustibili fossili. Sempre di più, il possesso e l’uso di un’auto segnano la linea di demarcazione nella politica europea e americana. Nelle recenti primarie del Partito democratico di New York, il vincitore Zohran Mamdani, un socialista che non possiede un’auto e vanta un record di migliaia di corse su CitiBike, ha molto più seguito nei distretti dove pochi guidano. Gli automobilisti hanno votato per Andrew Cuomo.

Acceleratori illegali

Le bici elettriche sollevano dei problemi reali. Dato che sono più pesanti e vanno più veloce (e sono spesso guidate da principianti), gli incidenti possono essere più gravi di quelli con le bici tradizionali. Le biciclette del servizio Lime a Londra sono colpevoli secondo i medici di un’ondata di gambe rotte. Nei Paesi Bassi, le morti di ciclisti hanno raggiunto un livello record nel 2022. Il tasso di mortalità tra chi va in bici elettrica è nettamente più alto rispetto a quello di chi usa le bici muscolari. Negli Stati Uniti il timore che gli adolescenti si facciano male ha spinto decine di sobborghi a vietare le bici elettriche.

A questo problema si aggiunge l’aumento delle bici elettriche illegali, del tipo che possiede un acceleratore, oltre che i pedali. A Londra e New York sono diventate le preferite dei rider, che guadagnano di più quanto più vanno veloce. Nella maggior parte delle città degli Stati Uniti, sono ammesse sulle piste ciclabili solo le bici muscolari e una velocità massima di 30 chilometri all’ora. In Europa il limite di velocità è di 25, anche se molti produttori cinesi vendono biciclette o motori che possono essere modificati per andare molto più veloci. Ma questo spaventa i pedoni e rischia di frenare il successo delle elettriche.

A New York, sotto il sindaco Eric Adams, che ha rifiutato di presentarsi alle elezioni contro Mamdani a novembre, la polizia ha risposto alla rapida diffusione di bici elettriche fuori norma con una serie di arresti. Per la sorpresa di chi si batte per la sicurezza dei ciclisti, questi devono affrontare accuse penali, mentre gli automobilisti che infrangono la legge di solito vengono multati.

Queste difficoltà rallenteranno il ritorno della bicicletta. Ma nelle città in cui si è già diffusa, l’idea di tornare alle strade intasate dalle auto è considerata ridicola. Nei Paesi Bassi, l’ex primo ministro Mark Rutte andava al lavoro in bicicletta. In Danimarca, l’anno scorso, il re Federico è arrivato a un evento di beneficenza portando i suoi due figli nel cassone anteriore di una bici da carico elettrica. A Parigi già si lamentano degli ingorghi delle biciclette. E anche Montréal c’è vicina, almeno in estate. Pedalare.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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